PIERRE CARDIN: Ieri, oggi e domani
Ripercorrere “la storia della passione creativa di Pierre Cardin” e testimoniare lo “stile d’avanguardia e sempre in movimento dello stilista e del suo gusto per la sperimentazione”: con questa missione è nato a Parigi il nuovo museo della moda di Pierre Cardin, celebre stilista italo-francese, classe 1922, che all’inizio dei mitici anni ’60 sdoganò il pret-à-porter. ”Passato-presente-futuro” (così è stato chiamato questo museo su tre livelli, esteso oltre 2000 mq, ospitato in un’ex-fabbrica di cravatte) si trova nel quartiere del Marais, a due passi dal Centro Pompidou, e va a sostituire quello che era stato inaugurato nel 2006 nella banlieue di Saint-Ouen.
In mostra vi sono 200 modelli iconici, indossati da manichini bianchi ed esposti in ordine cronologico: dal cappotto nero a vita stretta del 1951 al mantello rosso plissé del 1952 (quando Cardin lavorava come sarto nell’atelier di Christian Dior, nel momento del lancio del celebre tailleur Bar, emblema del “new look” che proiettò il dopoguerra verso l’ottimismo e il gusto di una femminilità sontuosa), dalle robes confortevoli ma eleganti, accessibili a tutti, agli abiti-cerchio, dalle giacche con i volant alle minigonne in lana tagliate a striscioline. E poi una profusione di accessori: cappelli dalle forme bizzarre, gioielli, scarpe, mobili dal design futurista. In effetti i motivi geometrici, i colori accesi, i caschi da astronauta sono sempre stati una passione del couturier.
Che di sé ha rivelato: “Non creo per nessuno in particolare, penso a dei volumi, la notte. Immagino a occhi chiusi. Vedo delle silhouette. Allora accendo la luce. La spengo. Faccio degli schizzi. Dormo. Riprendo un foglio di carta. Sono in un mondo infinito e astratto”. Dai primi anni ‘50 (il 1953 vide la sua prima sfilata di haute-couture), Pierre Cardin non ha mai smesso di creare, inventare e fabbricare, fondando un impero planetario che spazia dalla moda alla ristorazione fino al teatro, passando per la profumeria e il settore alberghiero (valore da lui stimato: un miliardo di euro… forse un po’ sopravvalutato però). Lo stilista si è detto disponibile a cedere la maison, per cui si attendono sviluppi nei prossimi tempi (nel 2009 Cardin aveva già venduto 32 licenze tessili e secondarie – ma non il marchio – alle società cinesi Jiangsheng Trading Company e Cardanro per 200 milioni di euro).
Sin dagli esordi, lo stilista di origini trevigiane ha cercato di infrangere le dure leggi dell’alta moda, di democratizzarla affinché potesse “essere per tutti, non per le élite”. Già quando, a soli 24 anni, dirigeva l’atelier di Dior dedicato al taglio e confezionò personalmente il tailleur Bar, aveva in mente una donna vitale e “solare”, amante della praticità non disgiunta dalla raffinatezza. Come egli stesso raccontò, i cambiamenti più significativi a questo capo entrato nell’Olimpo della couture furono decisi solo alla fine per “dare una forma” al fianco il più possibile agevole: Cardin infatti rivelò che la baschina della giacca ricadeva piatta sulle anche e per sostenerla bisognava inserire un’imbottitura di shantung color avorio; quindi corse a comprarlo in una farmacia vicina, dove reperì anche del cotone idrofilo da inserire nella stoffa per esaltare la silhouette.
“Voglio lasciare al mondo l’eredità di uno stilista che si è fatto da solo, partendo da zero” ha dichiarato, all’inaugurazione del museo, il 92enne Cardin, che ha aggiunto: “Ho avuto la fortuna di realizzare tutto quello che volevo, senza bisogno di banche o mecenati. Sono stato un uomo libero da quando avevo vent’anni… Sono i giovani che fanno la moda, non i vecchi. Io faccio parte dei vecchi, ma sono rimasto giovane”. Ed è la più grande fortuna che possa capitare ad un uomo.