Professione: Art Director
“Non analizzo mai le mie scelte perché non sono un uomo di marketing, faccio solo quello che mi passa per la testa. Non potrei mai spiegare e contestualizzare le mie decisioni. L’idea buona mi viene dopo mille prove e mille schizzi e quando ho deciso che funziona non torno indietro: preferisco sbagliare che scendere a compromessi”. Così parla di sé Karl Lagerfeld, Amburgo 1933, figlio unico di una facoltosa famiglia (proprietaria di una banca d’affari); ventenne si trasferisce a Parigi con sua madre dove vince un concorso per un cappotto e ottiene il suo primo lavoro da Balmain, seguirà una breve esperienza da Jean Patou interrotta per noia e una lunga e autonoma carriera che lo vedrà lanciare nel 1980 una propria linea e lavorare come fotografo e regista. Dal 1954 ad oggi è al timone creativo di Chanel, e da diversi anni anche da Fendi.
Uomo dalla personalità indipendente, complessa, stravagante, poliedrica ed elitaria, ha commentato: “Preferisco essere considerato un evoluzionista che un rivoluzionario, uno a cui piace riformare le cose in modo costruttivo. I rivoluzionari puri non sono mai arrivati da nessuna parte, nemmeno nella moda”.
Maria Grazia Chiuri, romana, classe 64’, un diploma all’Istituto Europeo di Design, una collaborazione da Fendi, e un relativamente lungo periodo da Valentino nel ruolo di direttore creativo condiviso con Pierpaolo Piccioli. Dallo scorso 18 luglio 2016 alla direzione creativa della casa di moda Dior fondata nel 1947 e prima donna a condurla dopo 69 anni di direzione maschile saldamente tenuta da cinque uomini successivi al suo fondatore. Una sfida raccolta e gestita egregiamente, tant’è che allo scoccare del primo anno la stilista romana ha già regalato all’azienda un bel + 20% rispetto al precedente fatturato, con la presentazione di due collezioni prêt-à-porter, uno show Cruise a Los Angeles ed una collezione di Haute Couture.
Il suo mantra? “Per il prossimo anno ci organizziamo meglio”.
Anthony Vaccarello, italo-belga, classe 82’, alle spalle una collaborazione con Karl Lagerfeld per Fendi, poi da Versace, e una sua linea.
Dal 2016 alla direzione creativa di Yves Saint Laurent, in sostituzione all’idolatrato Heidi Slimane, Vaccarello ha fatto irruzione in “nero”, con una collezione cesellata ad arte e dal piglio audace. Una delle novità post nomina? La riesumazione del logo a vista che il suo predecessore aveva accuratamente fatto scomparire.
In una recente intervista ha raccontato che nel processo di creazione della sua prima collezione per la Maison, l’unica persona con la quale ha voluto confrontarsi è stato Pierre Bergé, ex compagno di Saint Laurent che lo ha intimato a tenere bene a mente queste parole: “Tu non sei Saint Laurent. Non provare a essere Yves Saint Laurent!” e lo ha esortato ad esprimere se stesso evitando tentativi di clonazione.
Alessandro Michele romano, 45 anni, alla direzione creativa di Gucci: vulcano in piena. Ai vertici della classifica degli uomini più influenti del planisfero moda, ha ricodificato -mischiando presente, passato e futuro-, gli estremi della Maison, rilanciandola a bomba. Il suo background? Studi all’Accademia di Moda e Costume a Roma, un periodo da Fendi, poi a Londra, chiamato da Tom Ford per Gucci dove svolgerà vari ruoli fino ad essere proclamato nel 2015, responsabile di tutte le collezioni.
“Credo fermamente che per vivere il futuro devi avere l’urgenza del presente. Se vuoi rappresentare qualcosa che sarà non puoi essere nostalgico o ossessionato dal futuro. Il futuro è il sintomo di quello che facciamo oggi, il futuro sono i sintomi del presente. Io rispetto la follia di chi riesce a immaginarsi qualcosa che non c’è. Però quando devi produrre nel contemporaneo, come viene richiesto a uno stilista in un marchio come Gucci, è impossibile non fare i conti con quello che esiste ed è esistito. Per questo, io utilizzo il passato come fosse una tavolozza per dipingere il contemporaneo. È come cercare gli indizi del futuro nel presente e nel passato.”
Pierpaolo Piccioli divenuto “single” al timone creativo di Valentino dopo la dipartita di Maria Grazia Chiuri, possiede una chiave di lettura profonda e a tratti esistenzialista fondata sull’interiorità come fonte da cui partire per dar luogo ad un processo creativo sensato e coerente.
Ha affermato in una intervista: “Tanto per cominciare faccio moda. Ho tre figli. Vivo a Nettuno. Non faccio la vita dei designer, non giro tra feste e castelli eppure riesco a spingere la mia creatività oltre l’immaginazione perché penso che possa più la profondità che la mondanità. Non soffro di machismo”.E ancora, “Credo che chi fa moda debba influenzare il mercato, stimolare il desiderio di qualcosa che prima non si sapeva che esistesse: l’alta moda è un prodotto costoso, ovviamente lo compra chi può permetterselo. Sperando che capisca quello che indossa”.
Demna Gvasalia, 36 anni, tedesco di origini georgiane, si è diplomato presso la Royal Academy of Fine Arts di Anversa, ha lavorato da Maison Margiela, per le collezioni donna di Luis Vuitton, e ha fondato “Vetements”, una griffe gender. Dal 2015 è il nuovo art director di Balenciaga al posto di Alexander Wang. Le sue collezioni sono cariche di contrasti e definiscono performance stilistiche fatte di linee scomposte e colori decisi e accostamenti arditi.
Claire Waight Keller inglese, 47 anni, sul trono di Givenchy da appena qualche mese al posto di Riccardo Tisci . Alle spalle un passato da Calvin Klein, Ralph Lauren e Gucci e sei anni da Chloé nel ruolo direttore artistico. La sua prima collezione per la “nuova” Maison? a Parigi nella prossima settimana della moda.
Christopher Bailey (Yorkshire, 1971) nato da un papà carpentiere e una mamma vetrinista ha studiato al Royal College of Art del quale è oggi membro onorario. Un passato da Donna Karan e attraverso Gucci è stato traghettato nel 2001 da Burberry, di cui oggi ( e fino a marzo 2018, periodo previsto per la sua dipartita dalla Maison) è il responsabile dell’immagine sotto ogni profilo, non solo delle collezioni dunque, ma anche delle campagne pubblicitarie e dei punti vendita. Stimatissimo per aver risollevato le sorti dell’azienda, è stato nominato nel 2009 Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico da sua Maestà Regina Elisabetta II, per il servizio reso all’industria della moda. E’ stato vincitore di numerosi premi internazionale ed è considerato uno degli uomini più influenti, innovativi e sagaci del suo campo.
Ha dichiarato: “Parlo sempre di Burberry come di un’impresa “piccola/grande”. Siamo grandi, ma siamo vivi.Cerchiamo di essere piccoli, dinamici, flessibili e ciò ci permette di muoverci rapidamente. Il mondo si muove molto, molto velocemente. Dentro l’azienda abbiamo qualcosa che chiamiamo “what if”: in sostanza ci riuniamo tutti i mesi in un gruppo piccolo e informale, chiudiamo le porte e sogniamo qualche ora. “Se il mondo fosse così? Se il negozio fosse colà?”. Come si innova un’impresa di grande tradizione? Se ci pensate Burberry è stata fondata a partire dall’innovazione: Thomas Burberry spendeva denaro per le nuove tecnologie. Il gabardine che lui creò fu il primo tessuto traspirante al mondo, era un innovatore e non fu radicale. Riuscì a comprendere il battito cardiaco dell’impresa guardando ai suoi antenati che furono degli innovatori”.
Natacha Ramsay-Levi, alla direzione creativa di Chloé dal 3 aprile scorso, francese, ha un passato da Balenciaga e da Luis Vuitton come responsabile creativa delle collezioni donna sotto la guida di Nicolas Ghesquière. La sua prima collezione? Ha appena debuttato al Paris Fashion Week.
Phoebe Philo, 44 anni, parigina trapiantata a Londra, studi alla Central Saint Martins; ha iniziato la sua carriera da Clhoé come assistente di progettazione al fianco di Stella McCartney per poi assumere l’attuale ruolo di direttrice creativa della casa di moda francese Céline. La Philo è stata nominata “Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico” nel 2014, per il suo contributo alla moda, due volte designer britannico dell’anno, ed è tra le cento persone più influenti al mondo nel campo della moda.
E’ Oliver Lapidus 59 anni, il nuovo direttore creativo alla corte di Lanvin: la casa di moda più antica di Francia. Lo stilista ha sostituito Bouchra Jarrar, rimasta al timone della Maison solamente poco più di un anno. Considerato il Micheal Kors francese, ha un passato nel ruolo di direttore artistico di Balmain, ha una sua linea, un orientamento flessibile innovativo e versatile, è un’avanguardista risoluto e un appassionato delle nuove tecnologie che dosa e mescola alla couture tant’è, che ha definito la sua “Creation Oliver Lapidus” casa di moda da lui fondata, “Maison de la couture digitale”. Possa Lapidus risollevare le sorti della Maison Lanvin dal clima incerto insorto da quando Alber Elbaz, ha abbandonato l’azienda ad oggi.