Quando la moda cambia…. ma non perché cambia la stagione….
Questo diceva Coco Chanel a proposito della moda aggiungendo che, per essere tale, essa deve uscire dagli atelier per raggiungere le piazze, altrimenti non è moda.
Ma che succede ora, ora che in tutto il mondo l’emergenza Covid-19 ha cambiato radicalmente le nostre abitudini, il nostro lavoro, le nostre vite? Il tempo trascorso a casa -spesso sedute davanti a uno schermo- ci chiede un nuovo approccio con il gesto quotidiano del vestire e ci “obbliga” a modificarlo.
Fuori, la crisi ha messo in ginocchio le industrie legate al fashion costringendole a uno stop involontario e pesante con una conseguente ripercussione a cascata su tutta la filiera -talvolta fortunatamente la riconversione e la generosità di molti stilisti hanno comunque dato il via a circoli virtuosi di ampio respiro nonostante il confinamento e il tonfo del settore-.
Dentro, nelle piazze virtuali grandi non più di un quadro a cui abbiamo dovuto assuefarci, il rischio di mettere da parte ogni velleità estetica ha afferrato molte di noi.
Vuote le vie, chiusi i rassicuranti negozi di riferimento che ci fornivano all’occorrenza il “necessario” per sentirci belle e adeguate “all’occasione” (quasi sempre la molla all’acquisto di un capo nuovo è proprio una circostanza inattesa a cui siamo invitate), serrate le porte su quei pianerottoli dove i tacchi prendevano vita con il loro inconfondibile rumore per lanciarci in un esterno ora così agognato………ci siamo ritrovate a dover fare i conti non più -come affermavano le vecchie pubblicità degli anni ‘60- con le Ultime Novità, bensì con un’unica grande novità, quella della salute da proteggere e da tenersi stretta come un abito cucito su misura.
Così un sentire differente, non scevro da un assorto dolore, verso se stessi e gli altri ha tradotto la tipica emozione frenetica e gioiosa dell’abbigliarsi in un rito più dimesso e misurato.
Siamo entrate nell’idea palpabile della necessità di eliminare orpelli eccessivi e pezzi superflui, di ritrovare il gusto (il più intimo dei sensi, come lo definisce Piero Ferrucci nel suo illuminante “La bellezza e l’anima”, poiché ha a che vedere con l’assaporare ciò che ci piace, con il godere di quel che la vita ci offre, anche se poco) di sperimentare mises alternative e tessuti green per essere più comode, più intonate all’ambiente, più riconoscibili negli specchi e negli spazi domestici…
Poi forse, trascorsa la tentazione iniziale di sostituire le rigidità di una giacca strutturata e di un pantalone aderente con una felpa oversize un po’ délabrée e dei leggings elasticizzati, ci siamo ripigliate obbedendo a quel “laico” comandamento che ci ricorda che non ci vestiamo solo per coprirci, ma che rispondiamo all’esigenza di affermarci, differenziarci, sentirci sicure nel rapportarci all’altro. Di piacerci e di dare una dignità al corpo vestito, insomma, anche nel rispetto di chi entra in relazione con noi (“Mi sono fatto bello per andare bello da un bello”, fa dire Platone nel Simposio a Socrate mentre si reca a cena da Agatone).
Abbiamo affannosamente cercato di trovare una giusta equazione tra il fatto di esporci e quello di mantenere, ognuna a suo modo, il proprio stile personale in una situazione così differente dal “prima”.
Le proposte stilistiche degli ultimi mesi -ideate puntando l’attenzione su linee fluide e morbide e su nuances di colore ora vitaminiche ora rilassanti- sono venute in soccorso dei nostri mutati desideri e hanno stuzzicato la nostra voglia di acquistare -rigorosamente online- qualche piccolo vezzo da aggiungere al nostro armadio, povero non certo di capi, ma di energetici slanci.
Camicie bianche dal collo svettante e maglie cocoon dal tocco originale hanno surclassato gonne e pantaloni durante le call e le videochiamate; mascherine talvolta divertenti hanno tentato di scalzare il freddo ma giusto rigore di quelle chirurgiche durante le fugaci uscite; trucco e parrucco fai da te -ma non per forza meno validi- hanno dato nuova fisionomia ai nostri spesso impauriti lineamenti.
Gli accessori, infine. Quelli che i futuristi chiamavano “i modificanti” avendo essi la capacità di trasformare la base su cui poggiavano facendole assumere un rinfrescato aspetto.
A tale scopo torna alla mente quella meravigliosa poesia di Emily Dickinson dedicata al cambio di passo tra l’estate e l’autunno, quando la nostalgia del passato luminoso riesce a trasformarsi in una rinnovata positività proprio a partire da un piccolo dettaglio, un accessorio che, in un batter di ciglia, rimette a posto quel che è stato con quel che verrà….
“Più miti si sono fatte le mattine
E più scure diventano le noci
Le bacche hanno la guancia più
paffuta.
La rosa ha abbandonato la città.
L’acero indossa una veste più gaia.
La campagna una gonna scarlatta.
Ed anch’io, per non esser fuori moda,
indosserò un gioiello.”
Ora ci tocca l’inverno, ancora nel pieno del suo crudo, e gelido, e pandemico abito.
Ma, come si suol dire, usando ancora parole d’autore, “Potranno recidere tutti i fiori ma non potranno fermare la primavera.”