Raffinata, laconica….: intervista a Catherine Spaak
Marco Aurelio diceva “conosci te stesso”. Lei, Catherine Spaak, cosa dice di sè…?
“ Sono una ribelle, libera, segreta. Sempre curiosa, pronta alla sperimentazione, ma allo stesso tempo candida: bambina ancora stupefatta dalle meraviglie del mondo e dai doni che elargisce. Tanti conoscono la mia immagine, nessuno il mio cuore. Così timida da diventare spavalda, perfino insolente, così impaurita da trasformarmi a volte in guerriero. La spiritualità ha mitigato la mia persistente malinconia, la meditazione è riuscita ad imbrigliare una mente effervescente, instancabile a tal punto che il silenzio, la solitudine, la natura, mi sono indispensabili. A volte, le mie due personalità convivono faticosamente: quella creativa, impaziente, iperattiva, passionale, con l’altra, calma, riflessiva e silenziosa. Un lungo percorso di ricerca mi ha aperta “all’invisibile”, alla sempre maggior consapevolezza di se stessi, ai miracoli prodotti dall’energia dei nostri pensieri.
La piuma bianca che mi accompagna da sempre (ovunque io vada o io sia, ne trovo una accanto a me) è la materializzazione dell’angelo che mi guida. L’albero è il simbolo del possibile divenire attraverso la trasformazione: il minuscolo seme può diventare un albero gigante, un bosco, se vorrai annaffiarlo, curarlo con pazienza e fiducia. Amo Roma per i suoi colori, ocra, rosa, che si accendono al primo raggio di sole; mi piacciono le rose antiche, la cioccolata, il pane e la marmellata fatti in casa, la lavanda fresca nella biancheria, le candele, un fuoco acceso. L’alba ed il tramonto sono i miei momenti preferiti della giornata perché attraverso di essi si ferma il tempo per qualche magico istante. Amo le campane di tutte le chiese ed il canto dei merli, i profumi, la carta riciclata e le penne stilografiche. Sapendo che tutti i nostri pensieri sono straordinariamente influenti, cerco di formularne solo di positivi e sono infinitamente grata, ogni giorno, per tutti i regali che la vita mi ha fatto e continua a farmi”
Signora Catherine, lei è francese di origine belga, quando e perché è approdata in Italia? Cosa l’ha indotta a sceglierlo come paese d’adozione?
“Il motivo è molto semplice: ho avuto la percezione che fosse un posto conosciuto, mi comunicava un senso di familiarità, di semplicità. Era un momento complicato della mia vita, ero giovanissima e i miei si stavano separando … mi sono subito sentita accolta e a casa, sensazione che non avvertivo nel mio paese”.
È attrice, cantante, giornalista, scrittrice, quale di questi lavori le è più affine, e perché?
“Dipende dai momenti, sono stati vari capitoli della mia vita … alla fine è tutto un insieme, tutto un percorso … non c’è un lavoro che mi rappresenta di più. Mi rendo conto che possa apparire singolare questa mia attitudine al cambiamento: per me invece è del tutto naturale. In questo periodo mi dedico di più alla scrittura, scrivo per varie testate, “Grazia”, per esempio, poi sto preparando un testo teatrale per la prossima stagione, ma non voglio ancora parlarne”.
Ha lavorato con moltissimi registi da Risi a Monicelli a Comencini, quale di questi ha saputo maggiormente cogliere la sua essenza?
“Non saprei …. Il mio compito era quello di esaudire le loro richieste. Monicelli, per esempio, sul set era severissimo. Io mi attenevano a quello che mi chiedevano, tentavo di aderire al personaggio come meglio potevo”.
Ha qualche aneddoto simpatico da raccontare?
“Non sono legata al passato … nulla in particolare … però sì, guardi, un episodio simpatico mi sovviene, questo lo racconto: eravamo a Parma sul set di “La Parmigiana” (film diretto da Antonio Pietrangeli) deve sapere che io sono freddolosissima e quel giorno c’era un freddo gelido, tanto gelido che nelle riprese esterne, quando si parlava, usciva il fumo dalla bocca; ha presente come succede in inverno?
Bene, il regista per portare la temperatura interna ai livelli di quella esterna ci obbligò a masticare del ghiaccio prima di girare. Ancor oggi nitidamente ricordo il detestabile disagio che patii in quell’occasione”.
Ha ideato e poi condotto per ben quindici anni il format di successo Harem, come è nato il progetto?
“L’idea era quella di scrivere per un giornale femminile un pezzo sul post femminismo … ma mi resi subito conto che non sarei riuscita a racchiudere tutto ciò che avrei voluto dire in un articolo, cosi mi venne in mente l’idea del format; nacque per caso, senza premeditazione. Presentai il progetto e lo accettarono”.
Quale tra i personaggi che ha conosciuto in occasione del programma l’ha colpita maggiormente e perché?
“Il programma durò varie stagioni e durante il suo esistere facemmo degli speciali. Uno di questi ebbe come protagonista Kuki Gallman sa, l’autrice del romanzo “Sognavo l’Africa”; andai in Kenia per intervistarla … nei luoghi in cui viveva … mi raccontò della sua vita, della sua esperienza, mi portò dove visse con suo marito e suo figlio (i due familiari della scrittrice morirono entrambi a distanza di breve tempo l’uno dall’altro: il primo, in un incidente d’auto tra Mombasa e Nairobi, il secondo, a diciassette anni, avvelenato dal morso di una vipera soffiante). Ricordo tutto, con grande intensità”.
Ha una speciale rapporto con le piume …. vuole parlarne?
“Prima che mia madre morisse trascorse un periodo in ospedale, aveva perso il dono della parola …. le regalai un quaderno che teneva poggiato li, sul comodino; speravo, dopo la sua morte, di trovarvi scritto qualcosa per me …. invece quando lo aprii al posto di parole scritte trovai tra i fogli una piuma bianca. Da quel giorno la piuma mi segue e continuo a trovarla dappertutto … in una tasca, su una sedia di un caffè o in ascensore …”.
Se le dico garbo ed eleganza, lei cosa mi dice?
Audrey Hepburn!
Cosa è la moda?
“Una cosa bellissima e al contempo una cosa pericolosa. Non capisco l’ansia da shopping né l’ amore per le griffe …. volte per lo più a celare un’insicurezza di fondo, una mancanza di personalità. Non capisco perché debbano buttarsi tanti soldi in cose inutili che a volte stanno anche male. Bisognerebbe conoscere a fondo il proprio corpo, ciò che dona, ciò che valorizza. Talvolta si vedono persone che paiono avere un’idea di sé non corrispondente alla realtà e si comportano di conseguenza. Se non ho delle belle gambe, per esempio, non indosso la minigonna …”.
C’ è un capo preferito nel suo armadio? Come dire … una sua coperta di Linus?
” Le giacche di taglio maschile classico. Nei colori classici. Le ho sempre amate, si abbinano bene anche su un paio di blu jeans”.
Qual è il miglior modo di investire il proprio tempo?
“Pensando che la gioventù finirà. Puntando su aspetti di sé diversi da quello puramente estetico: la cultura, l’ironia, la leggerezza …”.
Come trascorre una sua giornata tipo?
“Oggi ho più tempo a disposizione e mi sembra strano perché le mie giornate sono sempre state colme di impegni. Mi piace dedicarmi alla lettura, mi piace scrivere, ma anche non far nulla in particolare, mi occupo di mio marito e dei miei cagnolini….”.
Primo pensiero al mattino e ultimo prima di andare a dormire …
“In generale cerco di formulare dei pensieri positivi. Penso molto alla pace nel mondo, penso che bisognerebbe imparare dal passato … mi sembra però che non lo facciamo, che non impariamo mai …”.