Raw Couture. Intervista a Saverio Palatella
La sua collezione F/W 10/11 – parliamo di Saverio Palatella – ha un nome singolare Raw Couture che potremmo tradurre con lavorazione grezza o meglio raffinata lavorazione grezza: ciò che ne risulta non ha l’apparenza grezza, bensì molto raffinata. “Per molti anni abbiamo declinato il foulard in molti modi e quest’anno abbiamo provato a renderlo tridimensionale tagliandolo e poi tricottandolo col ferro 12 con cui abbiamo realizzato molte giacche e maglioni“.
Un intreccio di sete di foulard che diventano fili voluminosi per ottenere un capo leggerissimo dal volume ricco, luminoso e multicolore se i grossi fili sono stampati. Il maglione, completato magari intorno al collo da una sciarpa ottenuta con lo stesso procedimento, acquista un sapore vagamente andino. Il capo diventa chic se il tessuto è monocromatico, nero, con la lucentezza della seta: una giacca avvolgente e leggera per accompagnare una mise da sera.
Un occhio alla ricerca e all’espressione pura della creatività, un occhio alle tendenze della stagione. La collezione si completa con elementi trend come il cappotto in maglia, il giaccone e l’abito in maglia, l’utilizzo delle paillettes, la mescolanza del lucido e opaco. “Poi -aggiunge- abbiamo lavorato sul painting, sull’uso dei tatuaggi, sottolineando il fatto che i tatuaggi raccontano la vita senza dover parlare”.
Saverio Palatella ama l’arte, ma ama principalmente il su lavoro di stilista con una propria linea, e di consulente per altre griffe e cerca di conciliarlo con altre espressioni artistiche.
Il lavoro dello stilista -gli chiediamo- si migliora con una frequentazione di ambiente artistici?
“Assolutamente! La moda è un’ arte, è un modo di esprimersi, poi naturalmente c’è una parte dedicata all’uso merceologico, a quello che serve per coprirci, e poi c’è l’uso ludico del vestire. Ho letto e studiato la figura della Marchesa Casati e sono rimasto colpito dal fatto che lei volesse fare del suo corpo un’ opera d’arte. Credo che l’abito serva eticamente a renderci migliori. Per quanto riguarda il mio rapporto con l’arte, esiste da quando avevo 14 anni. Mi sono occupato molto di video arte. Ho smesso perché bisogna dedicarsi alle cose con molta passione e tempo e in questo momento in cui lavoro per una grande maison non riesco a conciliare le due cose. Ho sempre amato la pittura, la fotografia, il cinema, la musica”¦ Le mie sfilate hanno sempre avuto artisti musicali forti, interessanti. Posso dire di essere un fruitore del mondo dell’arte, sia come stilista che come consulente per gli artisti. Ho anche collaborato alla stesura di dischi e progetti italiani con Antonella Ruggiero, Anna Oxa e con Jimmy Scott in America”.
Si definisce una persona alla continua ricerca. “La ricerca è lo stimolo che mi tiene sempre giovane ed entusiasta. Sono una persona che cerca e ricerca nella vita. Credo di avere fatto un percorso molto coerente: sono 30 anni che mi occupo di tricot couture e non ho mai smesso di approfondire l’argomento. Mi piacerebbe lasciare memoria di questo e sto pensando anche alla realizzare un libro sull’argomento. L’idea mi è venuta dopo l’invito che mi ha rivolto, insieme ad altri stilisti, il museo di Melbourne, per un lavoro sul 3 D.”
E’ uno dei i progetti futuri ?
“In realtà sono tanti! Vorrei tornare a lavorare sulla video arte e misurarmi con esperienze nuove come raccontare con la video arte un frame di moda. La video presentazione potrebbe essere il futuro della moda. Antesignano in questo è stato Walter Albini che già nell’80 fece il primo video di donne spadaccine, per presentare la sua sfilata!”
La video presentazione, la presentazione in 3D abbandonando le formule usuali -defilé, performance, quadri moda, ecc.- sono idee nuove, rivoluzionarie, al passo con i tempi: progetti capaci di generare in prospettiva nuovi orizzonti professionali, nuovi sviluppi commerciali per la moda
Nel tempo Saverio Palatella ha dimostrato di volere e di sapere affrontare strade nuove.
E’ a lui che il “˜tricot’ deve il passaggio da accessorio a vero e proprio “˜outfit’. La maglieria afferma “da sempre è un must e ora c’è un grande ritorno; è un capo fondamentale nel modo di vestire contemporaneo perché è pratica; nel viaggio ci accompagna molto bene: non ha bisogno di grossa manutenzione, in senso lato, perciò le donne la prediligono.”
Sempre lui ha segnato il passaggio successivo, verso la Couture “La sessione di tricot couture è nata grazie a me e a Sandra Backlund”, stilista svedese che crea capi di maglieria che sono vere strutture architettoniche. “E’ una sfida ma ho dato un anima al modo di vestire in maglia che è assolutamente personale.” Nel 2008 ad Altaroma ha presentato un progetto legato alla lavorazione tubolare della maglia, cioè senza cuciture, una lavorazione rivoluzionaria che permette di ampliare la versatilità della maglia, facilitando in questo modo la possibilità di creare capi couture in maglia.
Quanto è importante la ricerca nel lavoro dello stilista?
“La ricerca influisce tantissimo. Se non c’è la ricerca, rimane il mero prodotto. E il prodotto si deve riempire di contenuto. Dopo la crisi degli ultimi due anni abbiamo subìto uno stop su questo fronte, perciò dobbiamo fare tesoro di quello che abbiamo imparato lavorando con le grosse aziende. Le prossime generazioni devono però poter lavorare al meglio con le nuove tecnologie, che sono più sofisticate di un tempo, pertanto richiedono una preparazione e un training molto diversi dal passato.”
Oltre a collezioni donna, Palatella si sperimenta anche su collezioni uomo. “Sono due linguaggi diversi, ma altrettanto facili e difficili allo stesso tempo. Per me è più facile lavorare la collezione donna, ma sto migliorando nell’uomo perché mi sono misurato con più difficoltà e ho capito di essere più portato di quello che pensavo.”
Cosa significa lavorare su una collezione non propria?
“Penso che lavorare come consulente per altri, anche se a volte questo è limite, in realtà diventa uno stimolo per lo stilista, si è incentivati a costruire un percorso, che pur se è imposto, permette forse di tracciare una strada che noi non avremmo voluto. Si cerca di mettere a disposizione il proprio sapere, consapevoli che quando si lavora per altri bisogna dar conto a molte persone di quello che si fa. La consulenza è una palestra molto importante per lo stilista”.
Come è la donna che vuole vestire?
“La mia donna veste tricot couture, quindi è un’ immagine morbida, possibilista. Non lavora sulle forme precise, è una donna che si avvolge, che si copre più che esibirsi anche se poi mi piace il gioco dell’iper aderente, ma lo faccio ogni tanto come divertissement.
La mia donna si stratifica in maniera elegante, in maniera cocooning”.
La sua definizione di eleganza?
“Secondo me è un mix perfetto di elementi, quando si ha una propria esperienza e un sapere e lo si miscela, allora l’eleganza è quello. L’abbigliamento può contribuire a raccontare chi sei, ma non determina tutto. La persona elegante la si riconosce da come porta una qualsiasi cosa, anche la più vistosa o improbabile.”