Se un giorno di primavera un viaggiatore…
Non è il caso di parafrasare il grande Italo Calvino vanamente, ma il viaggiatore, più che il viaggio, è l’autentico protagonista di questo articolo. Infatti i primi tepori primaverili riaccendono la voglia di muoversi o perlomeno la sublimano in desiderio di tragitti verso mete “in formato ridotto” ma dal grande potenziale, che possono stillare cultura da ogni pietra e destare meraviglia ad ogni passo. Ecco allora tre proposte di percorsi a corto raggio verso località forse sconosciute a molti, in grado di offrire piccoli incanti o comunque non deludere il viaggiatore curioso.
A CASA DELLA “DAMA CON L’ERMELLINO”
Villa Medici del Vascello a San Giovanni in Croce (CR): una meta speciale per una visita di sicuro interesse storico, architettonico, botanico, tanto più dopo i recenti restauri che l’hanno consegnata al pubblico in un’aura di rinnovato fascino.
Qui dimorò la seducente Cecilia Gallerani che Leonardo da Vinci rese immortale nel celebre ritratto della “Dama con l’ermellino” (animale che più probabilmente corrisponde ad un furetto), oggi a Cracovia nel Castello di Wawel: il dipinto sarebbe stato commissionato da Ludovico il Moro, duca di Milano, come regalo per le nozze della bella Cecilia, che era stata sua amante diletta (e da cui ebbe un figlio), con il Conte Ludovico Carminati, detto “il Bergamino”, celebrate nel Luglio 1492. La residenza della nobile coppia fu infatti stabilita a San Giovanni in Croce, in un’originale residenza di campagna nel territorio cremonese, che da roccaforte eretta in posizione strategica a inizio ‘400 (per volontà del condottiero Cabrino Fondulo, Signore di Cremona) venne trasformata in villa e ingentilita nei connotati architettonici secondo i desideri della stessa Cecilia, che in essa fondò una sorta di “salotto intellettuale” dell’epoca. L’aristocratica dama, che in questa dimora entrò adolescente, vi rimase poi tutta la vita e alla sua morte venne sepolta, presumibilmente, nella locale Chiesa di San Zavedro.
In realtà il maniero, dalle sue origini in avanti, andò incontro a varie metamorfosi: inizialmente a pianta quadrangolare con una torre ad ogni angolo, ciascuna delle quali dotata di merlatura ghibellina a coda di rondine (dell’antica struttura quattrocentesca restano la scarpa alla base delle pareti esterne e le torri angolari merlate nel fronte meridionale), si arricchì nei secoli successivi di un’ampia loggia a serliane (trifore con apertura centrale ad arco a tutto sesto e le due laterali sormontate da un architrave) e di un terrazzo, oltre che di una torretta terminante con un fastigio. Nel frattempo il castello era divenuto sede di governanti spagnoli e quindi del capitano dello Stato milanese Alfonso Pimentel. Ma furono soprattutto i principi Soresina-Vidoni, nel ‘600 e ‘700, a contribuire nel modo più incisivo alla conversione della rocca in residenza nobiliare: ad essi si deve anche la realizzazione di una vasta corte con una scalinata che conduce al giardino e l’ampliamento del fronte settentrionale della rocca mediante l’inserimento di due ali rettangolari che inglobano le torri difensive. Con l’estinzione del casato la villa passò ai veneziani Mocenigo-Soranzo, di cui fu ultima erede la marchesa Carla Medici del Vascello, morta tragicamente nel 1945, subito dopo la Liberazione, mentre fuggiva con il suo amante Roberto Farinacci, il temibile ras di Cremona (in quelle drammatiche circostanze scomparvero molti beni preziosi della nobildonna, tra cui gioielli e arredi di pregio, che non vennero mai rinvenuti).
In seguito, il signorile complesso di San Giovanni in Croce venne praticamente abbandonato e rischiò il degrado totale fino a che, nel 2005, fu acquisito dal Comune che opportunamente ne decise il restauro e la valorizzazione come centro culturale e ricreativo, in grado di ospitare eventi ad ampio spettro, calamitando sempre numeroso pubblico.
Oggi il polo di attrazione principale di Villa Medici del Vascello è indubbiamente l’esteso giardino romantico all’inglese (oltre 100mila mq di area), la cui concezione è attribuibile al principe Giuseppe Antonio Vidoni-Soresina, realizzato nell’800 su progetto forse di Luigi Voghera, forse di Giovanni Motta (specialmente per l’apparato decorativo).
Ne parco si trovano, oltre ad essenze vegetali pregiate, costruzioni bizzarre e scorci paesaggistici di ispirazione esotica e storica, tra cui spiccano una pagoda cinese, un tempio indiano, un padiglione rinascimentale, una sorta di gazebo giapponese, un tempietto in stile dorico con pronao tuscanico a 4 colonne, rovine di gusto neogotico, una capanna olandese, un laghetto nel quale un tempo si svolgevano suggestive regate. Inoltre è presente una garzaia unica nel suo genere, una delle poche esistenti in centri abitati, dove nidifica una cinquantina di coppie di aironi di varie specie. Tra gli alberi del parco, alcuni plurisecolari come una colossale ginkgo biloba (tra i primi esemplari ad essere importati in Europa dalla Cina a inizio ‘800), occorre segnalare meravigliosi “giganti verdi” quali magnolia grandiflora, fagus sylvatica, taxus baccata, legittimi eredi del giardino delle origini, a cui col tempo si sono aggiunte diverse altre piante lussureggianti.
Forse in questo eden sentiremo riecheggiare ancora i passi leggeri della “Dama con l’ermellino”…
Complesso Monumentale “VILLA MEDICI DEL VASCELLO”
Via Giuseppina 8, San Giovanni in Croce (CR)
Orari di apertura
DAL 1° APRILE AL 31 OTTOBRE
Ogni domenica e giorni festivi dalle ore 10.00 alle ore 19.00 (da Maggio ad Agosto fino alle 20.00).
Dal lunedì al sabato dalle ore 10.00 alle ore 18.00 su prenotazione.
DAL 1° NOVEMBRE AL 31 MARZO
Solo per gruppi su prenotazione.
Per saperne di più su biglietti di ingresso, visite guidate, laboratori scolastici e altro, contattare telefonicamente o per e-mail il Comune di San Giovanni in Croce:
0375.310279 – 370.3379804 – villamedici@comune.sangiovanniincroce.cr.it
IL LABIRINTO DELLE DELIZIE
Labirinto come metafora della complessità dell’universo e della condizione umana in particolare (si pensi alla poetica di Borges), ma anche raffigurazione utopica di un paradiso in Terra in cui è bello perdere le proprie tracce per poi ritrovarle e ritrovarsi. Da sempre affascinato dall’immagine del dedalo, il noto editore-esteta e squisito collezionista d’arte Franco Maria Ricci ha pensato bene di realizzare a casa propria a Fontanellato, nel cuore della campagna parmense, il labirinto più grande del mondo (per un totale di 8 ettari di superficie, edifici compresi) e forse anche il più raffinato nonché il più strabiliante, condividendone il progetto con gli architetti Pier Carlo Bontempi (per i singolari fabbricati) e Davide Dutto (per l’incredibile parco). Et voilà il Labirinto della Masone, da cui il Minotauro è rigorosamente bandito!
Si tratta di un centro culturale sui generis per molti aspetti, che oltre alla cura botanica offre una ricca biblioteca (con 15mila volumi d’arte, tra cui l’intera collezione di libri stampati dal grande tipografo neoclassico Bodoni: oltre 1200 testi con preziosissime legature, raccolti negli anni da Ricci con passione) e un museo d’arte dotato di 500 opere tra dipinti e sculture dal ‘500 al ‘900, spaziando da Carracci e Bernini a Savinio e Ligabue, solo per citarne alcuni. Eclettica e curiosa, la collezione rispecchia il gusto originale di Franco Maria Ricci, che abbraccia tanto la
scultura secentesca quanto la neoclassica, tanto le nature morte quanto busti e ritratti di epoca napoleonica, tanto la pittura romantica e popolare dell’800 quanto le sciccherie di epoca Déco.
Il complesso ospita anche la sede della casa editrice Franco Maria Ricci, fondata nel 1965, internazionalmente rinomata per l’estetica aristocratica della sua produzione (non a caso Fellini la definì “la Perla nera”), tra cui si ricordano le collane I Segni dell’uomo, La Biblioteca di Babele (curata da Jorge Luis Borges), Quadreria, Morgana, Le guide Impossibili, Art FMR, l’enciclopedia dell’arte di Franco Maria Ricci, la ristampa dell’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert, ma soprattutto la rivista d’arte “FMR”, divenuta la più prestigiosa e diffusa del mondo. Venduta nel 2004 proprio per sostenere finanziariamente il progetto “dedalico”, oggi la casa editrice rinasce intra moenia.
A sorpresa ma non troppo, nel Labirinto della Masone si trovano anche spazi di ristoro “griffati” dai celebri chef Fratelli Spigaroli, da cui non possono che venire proposte eno-gastronomiche d’eccellenza, all’insegna del territorio di Parma, ma aperte anche a suggestioni esterne. Non manca neppure un bistrò-caffetteria, né un “angolo” resort con due eleganti suites per visitatori esigenti, impreziosite da opere d’arte e arredi di classe.
Il Labirinto della Masone si rifà a quello romano (suddiviso in quattro labirinti comunicanti tra loro), ma vi introduce alcune varianti come bivi e vicoli ciechi. La forma è quella di una stella, che richiama il modello quattrocentesco del Filarete (adottato per primo da Vespasiano Gonzaga per la “città ideale” di Sabbioneta). All’interno vi si trova anche una cappella piramidale (a memoria dell’atavica simbologia sacra del labirinto) dove è possibile celebrare cerimonie. La piazza al centro del Labirinto, concepita per accogliere mostre, eventi musicali, feste, ha un’ampiezza di 2mila mq, attorno a cui si snodano 3 km di percorsi.
I “mattoni” verdi che costituiscono il Labirinto della Masone sono i bambù, di cui sono stati piantati 200mila esemplari di molteplici specie, da quelle nane a quelle giganti (fino a 5 metri di altezza). In effetti il bambù è un albero eccezionale, esente da malattie e perdite di foglie, in grado di assorbire anidride carbonica e generoso produttore di ossigeno, quindi assai benefico per l’ambiente. Con il suo legno è stato addirittura realizzato il parquet che ricopre i pavimenti degli edifici.
Franco Maria Ricci, letteralmente innamorato di questa tribù di piante, non nasconde una grande aspirazione futuristica da perseguire per mezzo della Fondazione che porta il suo nome: “Spero che fra qualche anno questa pianta diventi un elemento importante del paesaggio padano e che i nostri imprenditori accettino di mascherare i loro capannoni con le delicate cortine verdi delle mie canne. Cambiare il volto della Val Padana, restituendole una grazia perduta, è oggi il più ambizioso dei miei sogni. La Fondazione fornirà le piante necessarie e un servizio di consulenza gratuita. Il costo dell’operazione è trascurabile, cento piante di bambù non costano più di 2000 euro e si sviluppano senza difficoltà”. La Fondazione Franco Maria Ricci si propone infatti, oltre alla conservazione dei libri e della collezione d’arte del “visionario” patron, anche di promuovere il restauro del paesaggio insieme a varie attività culturali.
Dulcis in fundo, è il caso di ricordare che nelle vicinanze dello storico borgo di Fontanellato (che vale di per sé una visita), vi è la splendida Parma, città d’arte e tempio della buona cucina, ma anche un “museo diffuso” nella Bassa Padana dove le meraviglie artistiche si sposano con quelle paesaggistiche e sensoriali: un labirinto di stimoli culturali da esplorare col filo d’Arianna della curiosità intellettuale e della sete di genuina bellezza.
Il Labirinto in numeri
Il Labirinto della Masone è aperto ogni giorno dalle 10.30 alle 19.00 (chiuso il martedì).
Il biglietto intero costa 18 €. Ha valore per un giorno e permette l’accesso a tutto il complesso, alle collezioni d’arte e bibliofile. Sono previste riduzioni per gruppi superiori alle 15 persone e visite scolastiche. Il biglietto è gratuito per un accompagnatore di persona disabile.
Tutti i percorsi della struttura sono privi di barriere architettoniche e consentono l’accesso in forma autonoma a persone diversamente abili.
Per ulteriori informazioni si può visitare il sito http://www.labirintodifrancomariaricci.it/.
Per la prenotazione: tel. 0521 827081 – e-mail: labirinto@francomariaricci.com
UN CASTELLO DA MILLE E UNA NOTTE NEL CUORE DELLA TOSCANA
Non tutti sanno che nei dintorni di Reggello, a pochi chilometri da Firenze, si trova uno dei palazzi più affascinanti del mondo, concepito per suscitare stupore: il Castello di Sammezzano. La sua Sala dei Pavoni vanta un soffitto classificato da BBC Culture tra i dieci soffitti più belli del pianeta, in compagnia di luoghi “mitici” come il Tempio del Cielo di Pechino o la Moschea dello Scià di Isfahan. In quella stanza degna di Sheherazade gli archi multi-colori evocano proprio le code dei vanitosi uccelli, mentre bizzarri oggetti suggestionano con le loro insolite forme, altamente ornamentali. Ma l’effetto decorativo incantatore accompagna lungo tutto il percorso nelle varie sale (originalissime quelle d’Ingresso e da Ballo, nonché il Corridoio delle Stalattiti e l’incredibile Torre centrale).
Visitare questa arcana dimora (il che è possibile solo rare volte all’anno) è un’esperienza unica, onirica ed esotica, che trasporta in un’atmosfera da “mille e una notte” in virtù dello stile moresco-orientalista che vi aleggia, reso da sorprendenti arabeschi e decorazioni geometriche dai colori vivi e brillanti. E pensare che chi ideò questo edificio visionario in pieno ‘800, vale a dire il nobile fiorentino Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona (1813-1897), non si era mai recato in Oriente! Ciò nonostante egli, tra il 1843 ed il 1889, si trasformò da autodidatta in architetto, ingegnere, botanico, per dare vita a questa creatura senza tempo, servendosi di maestranze locali, da lui personalmente guidate.
In verità quello su cui l’aristocratico “demiurgo” intervenne fu un edificio già preesistente, che le fonti storiche fanno risalire addirittura all’epoca romana (pare che qui sia transitato anche Carlo Magno nel 780). Nel tempo la vasta tenuta con il Castello di Sammezzano ha annoverato prestigiosi proprietari, dagli Altoviti a Giovanni Jacopo de’ Medici, fino a Sebastiano Ximenes di cui, mediante complesse traversie ereditarie, fu ultimo successore Ferdinando.
Appassionato di botanica, l’intraprendente Panciatichi Ximenes d’Aragona pensò bene di sistemare da par suo anche l’area intorno alla villa, ovvero i 65 ettari di Parco Storico, dove accanto ai lecci, cerri e roverelle autoctoni piantò oltre 130 specie arboree rare di provenienza forestiera (tra cui sequoie della California, destinate ad entrare nel novero degli alberi monumentali d’Italia), costituendo così un unicum storico-architettonico-ambientale.
Che ne è oggi di questo luogo da sogno? A seguito della scomparsa di Ferdinando e tra alterne vicende, il Castello di Sammezzano negli anni ’70 del secolo scorso venne trasformato in hotel di lusso, finché negli anni ’90 non venne ceduto ad una società italo-inglese, anch’essa operante in ambito turistico, che però poi incontrò problemi finanziari, cosicché la struttura finì all’asta (sino ad ora gli incanti svoltisi sono andati deserti, per cui il destino dell’illustre tenuta è “sospeso”).
Intanto nel 2013 si è costituito il “Comitato FPXA” che cerca di promuovere lo studio e la conoscenza del Castello e del Parco, a cominciare dalla “riscoperta” di quel formidabile personaggio che fu Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, versatile come pochi. Tra le varie attività di quest’uomo vi fu anche quella di politico, animato da idee liberali: nell’Italia post-unitaria egli fu eletto due volte deputato, salvo poi dimettersi amareggiato dalla mala gestione del neo-Stato e dalla sua classe dirigente (nel Corridoio delle Stalattiti è riportata una sua frase in latino che recita: ”Mi vergogno a dirlo, ma è vero: l’Italia è in mano a ladri, esattori, meretrici e mezzani che la controllano e la divorano. Non di questo però mi dolgo, ma del fatto che ce lo siamo meritati”, 1870). Fu proprio in virtù di questa delusione che egli decise di ritirarsi a Sammezzano per dare corpo alla sua utopia di ispirazione orientalista.
Membro dell’Accademia dei Georgofili, Vicepresidente della Società di Orticultura, Accademico onorario dell’Accademia di Belle Arti, Ferdinando fu scienziato, collezionista, filantropo, mecenate, appassionato dell’opera verdiana. Insomma fu un protagonista del suo tempo in più campi, che da profano seppe eccellere ovunque percorrendo vie innovative e personalissime.
In attesa che le prossime aste decretino la sorte della tenuta di Sammezzano, con la speranza che possa continuare ad essere curata la sua manutenzione – nel frattempo il sito si è classificato tra i più votati “luoghi del cuore” del FAI – ricordiamo che il Castello è visitabile solitamente in Maggio/Giugno e Ottobre, grazie al lavoro delle associazioni di volontariato locali, in particolare del Comitato FPXA che ne promuove costantemente la conoscenza, tramandando la “romantica” storia del suo creatore.
Per accedervi è obbligatoria la prenotazione on line: consultare il sito www.sammezzano.org