Sembra facile…..
“È la semplicità ch’è difficile a farsi”¦.”, affermava Bertolt Brecht.
Eccolo, puntuale come tutti gli anni, il momento più temuto delle vacanze. Il più noioso e il più controverso. Quello che tutti noi vorremmo volentieri evitare e che delegheremmo con gioia ad altri.
Esso infatti richiede tempo, capacità di decisione, seria ottimizzazione e -nota dolente- predisposizione alla rinuncia.
Ebbene sì, è lui, quello che ci annuncia l’ora x, l’ora in cui si devono preparare i bagagli.
Croce e delizia, odio e amore, malumore ed euforia che si fronteggiano e si alternano.
Per certo, “conditio sine qua non” di ogni partenza.
È incredibile come, a volte, si vada in crisi per “mettere insieme” pezzi che già ben conosciamo, con cui abbiamo grande dimestichezza, dai quali generalmente non ci facciamo intimorire.
Sono già tutti “nostri” -a parte qualche acquisto dell’ ultimo minuto, per “rinfrescare” il pregresso, che non abbiamo ancora indossato-, eppure ci appaiono come se li vedessimo per la prima volta e ci trovano impacciate nella risoluzione del “problema”. Siamo figli di un’ epoca in cui una moda supplettiva ha preso il posto di una moda sostitutiva, e questo ha tolto razionalità e leggerezza al nostro modo di vestire.
E anche di vivere.
Sembra banale dirlo ma, per affrontare le fauci aperte del “mostro vuoto”, è necessario innanzitutto ricorrere al senso di adeguatezza, al senso pratico e, in ogni caso, al “buon senso”.
E allora, sia che siamo viaggiatori o turisti, cerchiamo di guardare oltre, di pensare al luogo di destinazione, di essere, con la mente, “già là”. E di ricordarci che, ogni volta, gran parte di quello che si è portato, lo si è troppe volte riportato a casa intonso, neanche “spiegato”, neppure considerato.
Sì, perché spesso capita che l’ atmosfera del luogo nuovo ci faccia dimenticare la troppa importanza che si era data alla precisione di un certo abbinamento, alla sfumatura che non ci convinceva, alla maniacale attenzione per la complementarietà e intercambiabilità dei singoli capi.
Ogni viaggio dovrebbe essere portatore di emozioni e veicolo di una nuova interiorità, arricchita e rinfrancata proprio dall’incontro con altro, con “l’altro”.
Breve o lungo che sia l’itinerario scelto, nostrano o oltreoceano, pacato o avventuroso, sobrio o mondano, usiamo dunque un unico, semplice, filo conduttore. Colori neutri e chiari, simili tra loro, che potremo sempre accentuare con dettagli fantasiosi e decisamente in contrasto. Affidiamoci a tessuti freschi e a fogge non troppo costrittive. Privilegiamo i particolari aggiuntivi -come le cinture, i cappelli, i bracciali, i foulard- agli abiti stessi. Divertiamoci a indossare qualcosa di “simile” all’ambiente, nelle tinte o nello stile. Ci appagherà sentirci inseriti e mescolati nel luogo che ci accoglie, tra la gente che ci ospita.
E allora, almeno quest’ anno, proviamoci.
Riempiamo pure i nostri borsoni di cose, di vestiti, di inutilità “necessarie”, e di surplus “indispensabili” (se piove, se fa freddo, se si rompe, se si sporca, se, se, se”¦.).
Ma, al di là di ciò che potremmo star qui per ore ad elencare e che ognuno di noi, secondo l’estro del momento, deciderà poi di assemblare -organizzandosi per tempo-, stipiamo, insieme a tutto il resto, un bel po’ di curiosità e di aspettative positive. Inseriamo -tra un golf e un prendisole, una crema protettiva e un antinausea, un sandalo infradito e una scarpa da trekking- un sano sentimento di attesa e di apertura alla scoperta.
Portiamo con noi un libro appena uscito insieme ad uno letto tanti anni fa da sfogliare con occhi diversi e ripromettiamoci che ci concederemo, al pari di un comodo e fluido calzone di garza bianco e di una t-shirt un po’ slabbrata e vissuta, un altrettanto comodo spazio mentale da affidare all’ozio, fucina assoluta di nuove idee e nuovi progetti. Solo così, a sua volta, il pensiero diventerà, finalmente libero da impegni e da ridondanze, più creativo e più pronto a dedicarsi a momenti legati agli affetti magari un po’ trascurati.
Sono certa che, riuscendo a guardare avanti, a proiettarci, ad allontanarci dai luoghi comuni che ci vorrebbero stressate e nevrotiche davanti ad una sacca floscia o ad uno zaino vuoto, “l’esorcismo”, in men che non si dica, avrà svolto il suo compito, tramutando quel che sembrava una minaccia in una promessa.
Buona valigia, quindi!
E che sia libera dal caos e spalancata al sogno. Sgombra di affanni e colma di infantile ma meritata gaiezza.
D’altra parte diceva Charles Baudelaire: “I veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “˜Andiamo’, e non sanno perché. I loro desideri hanno le forme delle nuvole”.