Signore mie, tanto di cappello!
“La donna che dopo una lite chiude la porta dall’interno, non temiate che si suicidi: si sta provando un cappello” così ironizzava lo scrittore spagnolo Ramón Gómez de la Serna. Al copricapo femminile dedica una piccola incantevole mostra il Museo del Bijou di Casalmaggiore (CR), dal 26 Ottobre al 30 Novembre, nell’intento genuino di far dialogare monili e accessori, quindi valorizzare un patrimonio estetico e valoriale diversamente declinato nel tempo.
L’evento propone una selezione di cappelli in voga fra gli anni ‘20 e ‘70 del secolo scorso, ricreando una “sfilata” virtuale degli stili e delle tendenze fashion che hanno caratterizzano l’epoca d’oro della bigiotteria prodotta a Casalmaggiore. Ricordiamo infatti che per quasi un secolo questa laboriosa città lombarda fu con le sue fabbriche una delle capitali mondiali della costume jewellery (il celebre “placcato oro”) esportata in tutto il mondo.
I cappelli in mostra, ça va sans dire, sono quindi affiancati da affascinanti bijoux che un tempo le signore portavano su di essi (gli spilloni) o sotto (collane, catenelle, spille): complementi perfetti di un abbigliamento di classe, in grado con poco di raffinare il portamento, vivacizzare un abito severo, impreziosire un maquillage modesto.
L’esposizione “Tanto di cappello! Copricapi e bijoux di donne del Novecento” è curata da Anna Maria Rossi e Letizia Frigerio con il prezioso ausilio dell’Associazione Amici del Museo del Bijou (in collaborazione con La Camelia Collezioni – Vigevano) ed è corredata da una galleria di immagini fotografiche tratte dall’Archivio della Biblioteca Mortara di Casalmaggiore: vi fanno capolino volti intensi di donne ritratte nei loro graziosi cappelli, a volte di foggia semplice e tradizionale, a volte elaborati e fantasiosi, affiorati da un ambiente novecentesco che è da poco alle spalle e sembra ormai distante secoli. E’ un “piccolo mondo antico” di provincia, rurale, borghese o proletario, comunque piuttosto conservatore e austero, in cui le donne sono le più solide depositarie di sogni, aspirazioni, valori, emozioni. Rivelati anche da un mero cappello, che racchiude in sé un microcosmo… come del resto aveva già intuito da par suo Oscar Wilde che sentenziava: “I ricordi in una donna sono l’inizio della sua decadenza. Si può sempre capire dal cappello di una donna se vive o no di ricordi”.
Il Conservatore del Museo del Bijou di Casalmaggiore, Letizia Frigerio, ha spiegato in margine alla mostra: “La scelta è caduta su un capo d’abbigliamento apparentemente solo accessorio, che ha avuto e continua a rivestire ruoli importanti e tutt’altro che secondari: pensiamo alla semplice necessità di proteggere la testa dal freddo, dal caldo, dal sole, ma anche alla straordinaria eleganza che sa conferire a un volto, riuscendo spesso a colpire l’attenzione quanto o più di un abito, o alle più svariate metafore che l’indossarlo può generare: il cappello nasconde, cela, disvela, sottolinea idee e pensieri, ammicca e seduce, parla agli altri di noi stessi. Il cappello è un simbolo dalle svariate valenze: culturali e comunicative, individuali e sociali, storiche e artistiche; nonché dalla lunga storia, che attraversa la vita dell’uomo in tutte le civiltà”.
Quella del copricapo è proprio una lunga storia, i cui albori risalgono alle origini stesse dell’umanità, come dimostrano i ritrovamenti archeologici in Egitto, Mesopotamia, Palestina, Creta, Grecia. Nell’Alto Medioevo le donne erano solite adornare i cappelli con nastri colorati o con fiori, mentre gli uomini adottavano grandi cappucci che ricadevano sulle spalle, poi nel XIV secolo ricorsero a berretti provvisti di codino ricadente a destra o a sinistra a seconda del rango sociale e del ruolo politico. Fu a quell’epoca che nacque il cappello moderno, a cui il periodo rinascimentale conferì nuove valenze estetiche con l’uso di tessuti lussuosi e tecniche artigianali più sofisticate. In seguito, con l’introduzione delle parrucche il cappello dilatò le proprie forme; in particolare nel Settecento si affermò il curioso tricorno con le caratteristiche tre punte e, dopo l’età napoleonica che portò ad un ridimensionamento e ad una maggior semplicità nei costumi, l’Ottocento vide imporsi per le signore una moda “allegra” che indulgeva all’estrosità e per gli uomini, di contro, uno stile più lineare e sobrio. Nel XX secolo esordirono bombette, pagliette ed i modelli flosci che vanno ancora per la maggiore. E oggi? Di tutto, di più, come si suol dire, sia in passerella sia in the street: berretto, borsalino, panama, basco, coppola, colbacco… sono decine i tipi di copricapo, così come sono innumerevoli i materiali utilizzati per realizzarli (sebbene il più diffuso sia sempre il feltro).
W il cappello allora! E ricordiamo che – come motteggiava Mark Twain – “ci sono tre cose che una donna è capace di fare con niente: un cappello, un’insalata e una scenata”.
Aggiungiamo solo che – con niente – una donna sa anche creare autentica bellezza, e la mostra in corso al Museo del Bijou lo attesta inequivocabilmente.