Sofia Coppola e le donne dei suoi film. Parte prima
In una Hollywood che concede poco spazio alle donne se non come attrici, Sofia Coppola è una piacevole eccezione. Membro di una delle famiglie storiche del cinema, ha deciso di dedicarsi alla regia cinematografica come suo padre Francis Ford Coppola, che da bambina l’ha fatta apparire in vari suoi film. Nel 2004 è stata la prima donna americana -la terza in totale- ad ottenere una nomination all’Oscar come miglior regista per “Lost in Translation- L’amore tradotto”, vincendo comunque quello per la miglior sceneggiatura, e nel 2010 è stata la prima donna a conquistare il Leone d’Oro al Festival di Venezia per “Somewhere”.
Capelli ed occhi castani, ancora incredibilmente fresca come una ragazza, a quarantadue anni e dopo due figlie avute dal secondo marito, il musicista Thomas Mars, la Coppola è anche un’appassionata di moda: ha diretto spot pubblicitari per diverse case di moda, ma la collaborazione più importante è senza dubbio quella con Marc Jacobs, direttore creativo, oltre che del marchio che porta il suo nome, di Louis Vuitton. Se il noto stilista ha creato in suo onore la “Sofia Bag”, lei per Louis Vuitton ha disegnato una linea di borse nel 2008 e la collezione resort 2012 nel 2011. Inoltre, alle sue apparizioni in pubblico indossa quasi esclusivamente capi firmati Louis Vuitton o Marc Jacobs, sostituendolo raramente con un abito di Valentino. Pur essendo considerata tra le celebrità meglio vestite, lei stessa definisce il suo stile “noioso”: per niente appariscente, il suo modo di vestire è pratico e minimale, forse per alcuni monotono e più adatto alla vita di tutti i giorni che al tappeto rosso; ma dare la sensazione che non ci metta più di due minuti per vestirsi è una carta vincente. Quasi sempre in nero, alternato ogni tanto col bianco ed ancora più raramente da qualche colore, anche per la sera preferisce abiti dalla linea dritta, maniche lunghe o a tre quarti, lunghi poco sopra il ginocchio; ama i completi coordinati maglietta e pantalone, spesso simili ad un pigiama; spesso la si veda sfoggiare anche camicette chiare abbinate a pantaloni scuri oppure vestiti aderenti sul corpetto e dalla gonna svasata, con colletto in evidenza; chiaramente ha un debole per le righe alla marinara. Le sue mise sono completate da sandali o zeppe non molto alti e dalla linea minimale, e da un trucco acqua e sapone. Ciononostante, una moderata manciata di lustrini oppure una giusta dose di riflessi metallizzati conferisce ai suoi look un tocco da gran sera.
Oltre ad essere un’importante figura femminile nell’industria cinematografica, i suoi film offrono una galleria di donne particolari, comuni e per questo realistiche, fuori dagli standard hollywoodiani. Sono giovani donne, spesso adolescenti, che si sentono sole ed abbandonate in un mondo a loro estraneo, a volte ostile, e somiglianti tra di loro anche nell’aspetto fisico, “angelico”: lunghi e lisci capelli biondi, occhi azzurri e pelle chiara, a volte quasi di porcellana. Questi personaggi hanno inoltre portato fortuna alle attrici che hanno dato loro vita: Scarlett Johansson (“Lost in Translation- L’amore tradotto”) ed Elle Fanning (“Somewhere”) sono diventate improvvisamente famose, mentre Kirsten Dunst (“Il giardino delle vergini suicide”, “Marie Antoinette”) e Emma Watson grazie a Sofia Coppola si sono fatte dimenticare la prima come bambina prodigio, la seconda come Hermione della saga di “Harry Potter”.
Il particolare tocco femminile di Sofia Coppola si nota anche nel tono intimo e delicato, a volte quasi poetico, nel ritmo lento e contemplativo, e nella capacità di sentirsi coinvolta nella vicenda pur mantenendo un certo distacco, che caratterizzano la narrazione e la scelta delle immagini dei suoi film. Ama raccontare vicende che l’hanno toccata e in cui in cui in parte si rispecchia : lei stessa ne scrive le sceneggiature, che siano sue idee originali (“Lost in Translation-L’amore tradotto”, “Somewhere”), ispirate da romanzi (“Il giardino delle vergini suicide”), oppure da persone ed eventi reali (“Marie Antoinette”, “The Bling Ring”). Spesso i suoi lavori iniziano con una sequenza provocante, in apparente contrasto con il resto della pellicola, senza però andare fuori tema: ne “Il giardino delle vergini suicide” Lux, mentre succhia una gommosa, lancia alla telecamera uno sguardo malizioso; “Lost in Translation- L’amore tradotto” si apre con un primo piano del fondoschiena di Charlotte, sdraiata su un fianco, che indossa mutande color carne trasparenti; in “Marie Antoinette” la sovrana francese, distesa su un divanetto mentre una domestica le massaggia i piedi, intinge un dito in una delle monumentali torte che la circondano e se lo porta bocca, lanciando uno sguardo provocante alla telecamera.
Il primo film della Coppola, uscito nel 1999, è “Il giardino delle vergini suicide”, tratto dal romanzo di Jeffrey Eugenides: nel 1974, in una sonnolenta e soffocante cittadina americana, assieme ai loro genitori vivono le cinque sorelle Lisbon, Therese, Mary, Bonnie, Lux e Cecilia, che hanno dai diciassette ai tredici anni, tenute isolate dai ragazzi della loro età dai genitori iperprotettivi. Dopo il tentato suicidio di Cecilia, su consiglio dello psicologo i coniugi Lisbon decidono di incoraggiare le figlie ad approcciarsi ai ragazzi del quartiere sotto il loro controllo ma, quando Cecilia riesce a suicidarsi, rinunciano. La vita delle altre prosegue, finché Trip (Josh Hartnett), il bello della scuola, si invaghisce di Lux (Kirsten Dunst), e dopo aver insistito coi suoi genitori, la porta al ballo della scuola, assieme alle sorelle ed ai cavalieri che ha trovato per loro. Ma la serata termina in tragedia: Lux, dopo aver passato la notte con Trip, torna a casa la mattina dopo, costringendo i coniugi Lisbon ad adottare misure drastiche. Tolte dalla scuola e relegate in casa, capiscono che è giunto il momento per loro di seguire le orme di Cecilia, diventando vergini suicide.
Le cinque sorelle sono creature di parvenza angelica, eteree ed irraggiungibili, dotate di un fascino misterioso che ammalia ogni ragazzo, soprattutto un gruppetto ossessionato da loro a tal punto da conservare oggetti a loro appartenuti, dopo una ventina d’anni di distanza, quando raccontano la loro storia. Sempre insieme, non si riesce a capire quali siano i loro desideri: per quanto li attragga, il loro mistero spaventa e mette in soggezione i ragazzi a loro devoti, anche perché le sorelle Lisbon li trattano come se non li considerassero.
Se a scuola indossano camicette bianche a maniche corte con gonna nera a pieghe e a volte un gilet nero o grigio, quando sono a casa portano quasi esclusivamente colori pastello, bianco, e delicate stampe floreali, sui capi tipici del periodo: abiti e gonne alla caviglia, jeans a zampa d’elefante e casacche larghe, ma quando non ricevono visite (ovvero quasi sempre) è più frequente vederle in shorts e canotta. Nessuna parte del corpo è troppo scoperta (quando i coniugi Lisbon invitano un compagno di classe di Lux a cena, la madre raccomanda a questa, che indossa un top bianco con stampa floreale, di mettersi un golf per coprirsi le spalle), ma questo non offusca la loro bellezza. Quando la signora Lisbon modifica gli abiti per il ballo sul petto e sulla gonna, in modo che non siano troppo scollati o aderenti e che si assomiglino l’un l’altro – bianchi dallo scollo tondo e dalla vita alta, stretta dietro da un fiocco, a maniche corte oppure lunghe, abbelliti da una stampa floreale di colore diverso per ciascuna di loro e dal minuscolo bouquet di roselline bianche che i loro cavalieri regalano loro- saranno gli abiti a farle sembrare ancora più candide e pure; come le camicie da notte bianche, lunghe fino alle caviglie e dalle maniche lunghe, che non si tolgono mai dopo essere state rinchiuse in casa, segno che ormai hanno perso ogni desiderio di vivere.
A parte la breve apparizione della piccola e sensibile Cecilia, l’unica coi capelli castani, con indosso sempre lo stesso abito di pizzo color avorio, senza maniche e dalla gonna vaporosa, Lux è la ragazza Lisbon meglio caratterizzata. L’unica sessualmente attiva, ad insaputa dei genitori scatena la sua sensualità in modo frenetico e con una certa superiorità, conscia del potere che il suo fascino ha sui ragazzi. Trip è per lei l’ennesima conquista, per quanto in alcuni momenti sembri provare per lui un’attrazione particolare. Languida e leggermente lasciva, è sempre coperta come vuole la madre, ma è l’unica delle sorelle Lisbon a sfoggiare colori come rosso e rosa, che evidenziano questo suo atteggiamento. Inoltre, spesso prende il sole in bikini rosa nel giardino di casa, e non esita a scrivere “Trip” sulle mutandine rosa che indossa sotto l’abito la sera del ballo e, anche quando porta jeans e maglietta, con un movimento del piede languido o uno sguardo malizioso riesce a mandare in confusione i ragazzi.