Sostiene Maria Luisa
La moda è una cosa seria e lo sa bene Maria Luisa Frisa, convinta che l’abito con tutto quanto gli ruota intorno sia uno strumento eccellente per leggere le dinamiche sociali, sfogliare gli annali della storia, tuffarsi nella cultura del tempo e del luogo. Stimata fashion curator e direttore del corso di laurea in Design della Moda allo IUAV di Venezia, Frisa ha da poco dato alle stampe “Una Nuova Moda Italiana” (Collana Mode, Marsilio e Fondazione Pitti Discovery), un volume destinato a far discutere (lo speriamo) il fashion system del Belpaese. Sì, perché se da un lato l’autrice riconosce che è in atto una sorta di risveglio umanistico della moda, animato da nuovi creativi ancora poco noti e a rischio di restare tali (visto il relativo disinteresse nei loro confronti), dall’altro continuano ad imperare i soliti big milano-centrici, sempre più autorefererenziali, poco disponibili a cedere terreno e riflettori a idee fresche e innovative, ovvero alle menti più aperte alle contaminazioni, al pragmatismo, alla multiculturalità, alla multidisciplinarità. Secondo Frisa, nel nostro Paese manca la volontà, manca la spinta ideale, manca la sapienza, per capire che la moda richiede sistematicità di studio e azione, concretezza di pensieri e parole, sensibilità infinita ai dettagli, voglia di sognare e sperimentare un futuro migliore, post-ideologico, che consideri la moda in tutti i suoi molteplici aspetti, andando oltre la nomea del frivolo, del superficiale, dell’effimero.
Stilisti – termine sempre più restrittivo – come Gabriele Colangelo, Riccardo Tisci, Mariavittoria Sargentini, Frida Giannini, Renato Montagner, Tommaso Aquilano e Roberto Rimondi, Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli, Giambattista Valli, Stefano Pilati, Juan Caro e Fabio Sasso (in arte Leitmotiv), solo per citare qualche nome, ci stanno provando: sono persone vitali, colte in senso rinascimentale senza essere sprovviste del senso del business contemporaneo, coraggiose, tutte diverse ma tutte accomunate dal radicamento ai valori dell’eccellenza italiana, quella che si nutre di artigianalità, qualità, cura dei particolari.
Dopo l’atto d’accusa indirizzato al fashion business italiano dei soliti nomi, Frisa riconosce comunque che le condizioni potenziali per una rinascita di energie creative e imprenditoriali ci sono, anche perché l’Italia è l’unico Paese che abbia conservato nella sua integrità la filiera di realtà produttive del settore tessile-abbigliamento-accessori, quindi che abbia saputo conservare e tramandare il patrimonio di conoscenze ed esperienze più valide. Su queste va costruita l’identità della moda italiana di domani, di cui dovrà essere riconoscibile lo specifico carattere. Nel suo prezioso sforzo di reinterpretare il made in Italy, Maria Luisa Frisa sottolinea come ora i nuovi designer non siano meramente concept oriented, ma perseguano tenacemente l’obiettivo di coniugare le dimensioni formali, estetiche, artigianali con quelle dell’industria tessile e della confezione. In proposito, l’autrice bene fa a citare un Francesco Alberoni d’annata: “La moda italiana non è sorta dalle avanguardie, ma da un antico e diffuso tessuto produttivo e artigianale. Ha dovuto affrontare un mondo moderno, disordinato e ostile, battersi per sopravvivere. La moda italiana non è nata come spettacolo, provocazione, puro divertimento, ma come industria per rendersi utile, per vestire. Non voleva mettere in crisi d’identità. Voleva ridarle”.
In “Una Nuova Moda Italiana” l’autrice cerca in definitiva di mettere a fuoco la figura del nostro designer contemporaneo ed il ruolo particolare che egli riveste nel contesto globale, e lo fa con la chiara consapevolezza che l’attuale generazione di creativi è quanto mai composita, sebbene trovi il suo minimo comun denominatore nel recupero della sartorialità, della memoria del fare e del sapere. Ne consegue la straordinaria importanza per i nuovi designer di “fare sistema”, implementando strategie che coinvolgano tutti gli stakeholder, dagli addetti ai lavori agli opinion leader ai giornalisti ai consumatori attuali e potenziali. Il libro di Maria Luisa Frisa, che si avvale di ottime schede biografiche redatte da Angelo Fiaccavento, parla della nostra fashion new wave anche attraverso le immagini (ça va sans dire, vista la materia), offrendo la bellezza di 790 illustrazioni a colori: mai visto un così ghiotto carnet iconografico!
Chi sono, in conclusione, le nuove stelle del firmamento della moda made in Italy? Lo scrive Stefano Tonchi, direttore di “W”, sulla quarta di copertina del volume: “I protagonisti di questa storia italiana sono eroi locali e internazionali, vivono e lavorano nel mondo, ma conoscono la realtà della provincia italiana. Sono eclettici e interdisciplinari e trovano spesso stretta o fuori misura la vecchia definizione di stilista, come quella più moderna di direttore creativo”.