Sua Maestà fa la preziosa
Non solo capolavori d’arte. Le collezioni reali inglesi includono anche 328 mirabili esemplari tra gemme e gioielli, senza contare il tesoro della Corona gelosamente custodito nella Torre di Londra. Solo una volta nel 1862, ai tempi della Regina Vittoria, siffatte magnificenze furono esposte tutte insieme. Oggi abbiamo la possibilità di ammirare nella loro totalità i preziosi di Elisabetta II grazie all’impeccabile lavoro della specialista italiana Cristina Aschengreen Piacenti (nota per essersi presa cura anche dell’importante Museo degli Argenti di Palazzo Pitti a Firenze), la quale ha stilato un catalogo magistrale: “Ancient and Modern Gems and Jewels in the Collection of Her Majesty the Queen” (Royal Collection Pubblications, London).
Come si è formata la collezione di gioielli e di gemme della sovrana d’oltremanica? Cristina ci racconta questo ed altro. Alcuni pezzi appartennero a Carlo I Stuart, il re che venne decapitato nel 1649 al culmine della guerra civile inglese. Il nucleo della raccolta risale tuttavia a Giorgio III e venne acquisito a Venezia da Joseph Smith, console di Sua Maestà, provvisto di uno spiccato senso degli affari. Fu lui a far catalogare le proprie gemme da un erudito fiorentino, il canonico Anton Francesco Gori. Il volume definitivo fu edito nel 1767 dopo che le gemme erano passate nelle mani del Re, mantenendo comunque, in onore del solerte funzionario, il titolo di “Dactyliotheca Smithiana”.
In seguito il figlio di Giorgio III, salito al trono come Giorgio IV, acquistò e collezionò numerose opere di grande rilevanza e come lui fece la nipote Vittoria, divenuta Regina nel 1837. Il Principe Consorte Alberto, fine esperto d’arte, fu probabilmente il primo a comprendere l’importanza storica della collezione.
Nel corso dell’Ottocento giunsero in Inghilterra alcune rarità appartenute al Cardinale Duca di York, ultimo erede diretto di Carlo I. Tra questi oggetti preziosi Giorgio IV comprò un meraviglioso ciondolo smaltato con rubini, nel quale fece inserire dei capelli tolti dalla testa mozza di Carlo I, la cui salma fu rinvenuta nel 1813 nella cappella di Windsor. Dal Cardinale di York, inoltre, Giorgio IV ebbe in lascito alcuni modelli straordinari fra i quali il purpureo rubino, inciso con una croce, indossato durante l’incoronazione dei regnanti in Scozia. Uno dei più antichi collari con San Giorgio e il drago, realizzato per Carlo II nel 1661, forse il più antico esistente dell’Ordine della Giarrettiera, pervenne alle collezioni reali seguendo il medesimo percorso, al pari di un pendente con un cammeo di Sant’Andrea e il motto dell’Ordine del Cardo. In particolare la serie di insigne degli ordini reali è eccezionale e comprende forse i più begli esemplari esistenti.
Nello “scrigno” della Regina il Cinquecento è degnamente rappresentato da due cammei a dir poco splendidi: un ritratto di Filippo II e uno di Elisabetta I, entrambi capolavori della glittica. Da sottolineare che quello di Filippo II è stato attribuito all’italiano Jacopo da Trezzo, a cui la corte inglese commissionò significativi lavori negli anni ’50 del XVI secolo).
Parlando di gioielli veri e propri, poi, è d’obbligo menzionare un pendente in oro, smalto e pietre semipreziose appartenuto alla Contessa di Lennox e poi allo scrittore e connoisseur Horace Walpole. Di simili gioielli nordici la collezione reale comprende altri esempi, talvolta arricchiti con pezzi provenienti da altre collezioni: in sostanza gioielli fatti di gioielli. Si badi: non mancano dei falsi, o meglio dei gioielli antichi migliorati o completati, come piaceva all’Imperatrice Eugenia, la quale mai temette di “ritoccare”, impreziosendoli, arredi settecenteschi appartenuti a Maria Antonietta.
Nel bel catalogo della Aschengreen Piacenti le gemme antiche, di epoca romana e greca, sono state affrontate da uno dei massimi specialisti della materia, John Boardman, che ha evidenziato due assoluti “tesori”: il primo è il solo cammeo esistente dei tempi dell’imperatore Claudio, considerato della stessa classe della Gemma Augustea di Vienna e del Grand Camée de France di Parigi; il secondo, una testa di Zeus, è un frammento di epoca ellenistica, II-I secolo avanti Cristo.
Che gioie per Elisabetta!