Sulla scia di una fragranza Serenissima
“I profumi, i colori e i suoni si rispondono” affermava Baudelaire. Gli fa eco Venezia, con i nuovi spazi dedicati al profumo nel dinamico Museo del Costume di Palazzo Mocenigo a San Stae, già Museo della Storia del Tessuto e del Costume nella città-mito che nel XVIII secolo fu la capitale mondiale delle essenze.
Dopo aver sostenuto qualche anno fa la riapertura di questo luogo nobile e aulente, ora l’azienda profumiera Mavive (fondata nel 1986 da Massimo Vidal, discendente dalla storica famiglia di profumieri veneziani) ha promosso l’inaugurazione di un’area aggiuntiva dedicata alle fragranze, che nell’immaginario può ben evocare il laboratorio di un profumiere cinquecentesco (muschiere). Si tratta di un vero e proprio atelier del profumo – il primo in ambito museale in Italia – dove il pubblico può seguire corsi a diversi livelli, con una sala multimediale dotata di sei postazioni touch screen ed una “Sala Bianca” riservata a mostre temporanee.
Il vernissage della White Room di Palazzo Mocenigo è avvenuto il 6 Giugno scorso con un’installazione multimediale e polisensoriale di Andrea Morucchio sul tema della sostenibilità ambientale, in programma sino al 22 Novembre, dal titolo emblematico “The rape of Venice”. Oltre a stimoli visivi – proiezioni di titoli di testate internazionali sul tema della salvaguardia della Laguna e una pavimentazione raffigurante il mosaico decostruito della Basilica di San Marco – la performance propone input sonori, come registrazioni subacquee e del traffico cittadino, e olfattivi, con fragranze ispirate dall’odore delle “alghe marine sotto zero” (suggerito da un amante di Venezia quale Iosif Brodskij). La particolare essenza creata dagli esperti della Mavive per questa esposizione (il “naso” è stato Maurizio Cerizza) è campionata e distribuita ai visitatori in piccoli flaconi che racchiudono l’elisir di Venezia.
In ottica di mecenatismo e non solo per ragioni commerciali, Mavive ha anche collaborato con la Fondazione Musei Civici di Venezia per lanciare “The Merchant Of Venice”, la linea ufficiale del Museo del Profumo di Venezia. La Serenissima dunque continua a credere nel potere del profumo, “l’accessorio di moda basilare, indimenticabile, non visto, quello che preannuncia il tuo arrivo e prolunga la tua partenza” (così lo definiva Coco Chanel).
Dedicata alla storia cosmetica, focalizzata soprattutto sul ruolo della Serenissima, la sezione del Museo del Costume dedicata al profumo presenta strumenti originali, reperti storici, preziosi testi e documenti antichi, nonché un’eccezionale collezione di flaconi di profumo di alto artigianato. In effetti, il fiore all’occhiello dell’esposizione è rappresentata dalla raccolta di flaconi Storp, una delle più importanti al mondo, costituita da oltre 2500 pezzi databili fino al 2000 a.C.
Venezia ha giocato un ruolo fondamentale nella diffusione del profumo come elemento di lusso e di eleganza nell’Europa tardo-medievale e rinascimentale. La città conserva molteplici tracce di quest’arte a cavallo tra alchimia e medicina, tra sostanze esotiche e ricette misteriose, tra complesse conoscenze e concrete attività economiche. Questa storia cosmetica ebbe inizio ufficialmente nell’XI secolo, con il matrimonio tra la principessa Teodora Ducas, figlia dell’imperatore di Bisanzio, ed il Doge Domenico Selvo nel 1060.
Nel 1200 cominciò l’attività delle “mude”, le carovane navali dei mercanti della Repubblica Serenissima, i quali scambiavano merci prodotte in patria con spezie, incenso, profumi e sete provenienti dall’Asia e dal Nord-Africa, attraverso la Via della Seta e le rotte marittime controllate da Bizantini e Arabi. Lavorate a Venezia, tali materie prime raggiungevano poi le varie regioni d’Europa.
Nel 1271 Marco Polo effettuò il suo straordinario viaggio in Cina, da cui sarebbe tornato 17 anni dopo recando aspetti della cultura orientale che includevano la cura del corpo. Nel 1400 poi, grazie alla disponibilità di materie prime pregiate provenienti dai commerci, cominciò un’epoca di grande splendore per l’arte profumiera in Laguna, tanto che furono fondate le Corporazioni dei Saoneri e dei Muschieri, i quali trasformarono una pratica artigianale in autentica arte.
Nel 1500 a testimonianza dell’interesse per la composizione di profumi e cosmetici furono pubblicati a Venezia vari ricettari e trattati che svelavano i “segreti” delle manifatture promettendo bellezza, fascino, benessere.
Tra questi, il testo più importante fu il “Notandissimi Secreti dell’arte Profumatoria” (1555), contenente 300 ricette, dall’arte di tingere i capelli a quella di profumare il corpo, la casa, la biancheria e per coprire l’odore di concia degli accessori in pelle. Un secolo dopo i maestri profumieri veneziani sarebbero stati chiamati nelle corti di tutta Europa ed in particolare in Francia in qualità di veri e propri artisti. In città le botteghe conobbero molta fortuna esponendo una grande varietà di acque e paste profumate per soddisfare le richieste più esigenti: furono ben 400 i parrucchieri e i barbieri attivi in quel periodo, a riprova delle attenzioni dei Veneziani per la cura della persona.
“Nella profumeria l’artista perfeziona l’opera greggia della natura, sfaccetta l’odore, lo monta come il gioielliere affina l’acqua di una pietra e la pone in valore” scriveva Joris Karl Huysmans.
E, a proposito di suggestioni profumate, è di rigore concludere con Marcel Proust: “Quando niente sussiste d’un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, soli, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l’odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l’immenso edificio del ricordo”.