Tra bauli e armadi, nel segno del donare
Qualche giorno fa, a Milano, nella prestigiosa villa Necchi Campiglio, di proprietà del FAI, si è svolto un week-end “particolare”: la vendita, a scopo benefico, del guardaroba di una tra le donne più eleganti del mondo, Bettina Gabetti.
Più di mille i capi esposti, tra abiti e accessori. Tanti gli stili, ma un unico filo conduttore, quello che lega raffinatezza, qualità, coerenza.
Entrando nelle sale adibite e attrezzate per l’occasione, subito colpiva l’atmosfera eccentrica, ed uniforme al contempo, che “usciva” dagli abiti appesi, dalle borse classicissime o stranissime appoggiate su delle strutture di supporto ecosostenibili totalmente riutilizzabili, dai gioielli a volte disegnati personalmente dalla stessa Bettina.
In tutte le stanze dominavano gli specchi che, con il loro effetto moltiplicatore, davano idea di profondità e di grande luce.
E grande luce si percepiva anche negli occhi di coloro che, ammirando tutto ciò, erano consapevoli di essere testimoni di qualcosa non facilmente replicabile.
La disponibilità nel mostrare tale e tanta bellezza, ben si esplicava nelle garbate movenze di un gruppo di giovani allievi forniti da una agenzia di formazione della Provincia di Milano.
Bettina Gabetti era una donna molto colta, molto curiosa, molto creativa. Tanti suoi abiti riflettevano dunque il suo amore per i viaggi e le differenze culturali, variando tantissimo ma mantenendo un unico stile. Quello stile che denota la passione per il bello, per quel bello che rimane.
Tanti gli stilisti da cui attingeva. Da Missoni – di cui era molto amica – a Jil Sander, da Janson – curatore dell’evento – a Hermès, da Armani ai giapponesi come Miyake. L’etnico, il pop, il classico, l’originale, il divertente.
Il tutto a sottolineare una personalità decisamente unica.
Quei cappotti grandissimi, a vestaglia.
Quelle giacche con le maniche a pipistrello dai tessuti secchi e scattanti.
Quei soprabiti leggerissimi, adatti a sovrapporsi e a intercambiarsi.
E poi quegli abiti da sera così sofisticati ma semplici al tempo stesso e quei pezzi nipponici dai colori meravigliosamente simili a quelli visti su certi arazzi preziosi.
E’ bello pensare che riprenderanno vita addosso a donne sconosciute che con il loro benefico contributo, se ne sono impossessate!!
Stupiva, comunque, nel procedere ad osservare ad uno ad uno i vari capi, la ripetitiva modellatura di alcuni di essi.
Quasi tutti della stessa foggia, i pantaloni: ora più pesanti, ora più elaborati ma pressoché identici, a volte anche nel colore.
Lo stesso dicasi per i suoi magnifici pullover: essenziali, a collo alto anche se in cotone, declinati in varie tonalità somiglianti fra loro, dall’azzurro acqua al blu cobalto, dal vaniglia al cammello, dal verde pallido al malachite, dal giallo pulcino al girasole.
Sempre pronti a diventare parte di una identità forte che non si scomponeva affatto davanti al dubbio di poter essere, così facendo, banale.
Evidente, immediatamente al primo sguardo, la sua capacità di mescolare un capo di Balenciaga con uno trovato in un suk senza che il secondo potesse offuscare la prepotente magnificenza del primo, anzi”¦”¦..
E proprio davanti alle foto di questa donna non particolarmente e canonicamente bella, ma estremamente affascinante, si scopriva l’essenza vera della sua persona. Gli occhi grandi intelligentemente aperti al mondo, le mani lunghissime e affusolate, il sorriso decisamente accattivante, e autentico.
Nel leggere poi le parole dedicate a lei dalla figlia Cristina, facile e spontaneo l’accomunarle a quelle dette da Sean a sua madre Audrey, a noi tanto cara e da noi spesso citata:
“Mia madre è stata una metodica ed eclettica collezionista di cose belle. Gli armadi, abilmente mimetizzati nelle sue case, nei decenni si sono moltiplicati, invisibili custodi delle sue scelte. La ricerca della qualità è stata la costante di Bettina, in ogni aspetto della sua vita, e la sua maniera di vestire ne è stata grande testimonianza”¦.”
Una frase, in particolare, bloccava quasi il respiro, leggendola:
“Le soluzioni, quando sono giuste, non esigono spiegazioni”.
L’amore, diremmo noi, si nutre di bellezza, quella bellezza che, unita ad un progetto entusiasmante e ad un desiderio di condivisione, riporta in vita ciò che esce “ab imo pèctore”.
[…] http://www.imore.it/rivista/?p=19738 Tweet « Tondo come il Mondo […]
Cara Cristina complimenti vivissimi per la Sua straordinaria mamma !! Un bacio affettuoso . Nadia