Tre chicche da non perdere
Scoprire bellezza non passa mai di moda. Inseguirla, neppure. Diventa “quasi” un dovere. È questo un viaggio sempre affascinante. E la meta raramente tradisce.
Il nostro Paese ne è pieno, pur mostrando facilmente un interesse troppo tiepido a ciò. Ma pian piano tutto arriva perché, come diceva l’eclettico Billy Wilder, “…il mistero della vita sta nella ricerca della bellezza”.
Bene! Se ne è vista ancora molta, alcuni giorni fa, all’Arabesque di Milano -fiore all’occhiello di Chichi Meroni- per l’inaugurazione di una nuova mostra a tema.
Una vera e propria “caccia” alle gioie -alla gioia-! E da parte nientemeno che del re del terrore, Diabolik, interpretato da cinque attrici del Piccolo Teatro di Milano, a metà tra “l’uomo nero” e la sua bionda compagna di sempre, Eva Kant.
Di fronte alla meraviglia di bijoux d’epoca ancor più seducenti dell’oro “autentico” o dei diamanti “veri” dal valore inestimabile sottratti in varie circostanze con disinvolta abilità –e con grande disperazione dell’ispettore Ginko-, ecco scattare una nuova e insolita attrazione, per lui.
Proprio come in quel rapido haiku di Buson, “Che luna, anche il ladro si ferma per cantare”, così accade al mascherato personaggio, rapito davanti a pezzi eclatanti come quel collier di Dior dalle rosee pietre sfaccettate e dai cabochon incredibilmente iridescenti realizzato da Henkel e Grosse in Germania nel 1955. O catturato da quelle “schegge” a baguette circondate da strass bianchi del magnifico girocollo del ’40 di Weiss. O turbato al cospetto della purezza del vetro lattimo delle gemme di quel Vendôme del ’50, perfetto su un “tutto nero” per creare un effetto a contrasto inimitabile. O esterrefatto alla vista della superba parure collana più orecchini di Miriam Haskell dei primi anni anni ’50: vari fili di sfere in pasta di vetro rossi e perle barocche in vetro e strass, il tutto a ricordare rubini o granate o, simbolicamente parlando, a evocare bacche invernali o chicchi di melagrana inframmezzate da “punte” di luce candida simili a delicati frutti di vischio o a golose meringhe. Sicuramente “paralizzato”, il nostro “scippatore”, alla presenza di una spilla di Har del ‘50/’55 raffigurante un piccolo cinese sorridente, orgoglioso del suo abito dorato tempestato di pietre verdi e rosse, quasi a omaggiare i colori del Natale imminente……
Forse proprio per questo, un lieto fine nell’avventuroso spettacolo teatrale. Un furto andato male, per fortuna. Bottino recuperato, valori ritornati al proprio posto. Per far sì che, esposti fino al 31 di dicembre, possano essere nuovamente “rubati”. Dai nostri occhi, però, questa volta……
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Il secondo oggetto del nostro interesse reca in sé un lemma bucolico, vale a dire “prato”. Ma non inteso come la verde distesa che corrisponde a questo termine, bensì al nome della città che ospita dal 7 dicembre scorso una mostra davvero invitante. Il Museo del Tessuto della nota località toscana, famosa anche per essere maestra nella pratica del riuso delle fibre, fa infatti da sfondo fino al 30 maggio 2013 a “VINTAGE: l’irresistibile fascino del vissuto”. Abbiamo detto tante volte che la vera essenza del vintage è da intendersi come modo di essere e di vivere, oltre che come fenomeno di moda. E siamo certi che riuscire a rompere con esso la rigorosa categorizzazione di stili ben precisi o troppo standardizzati possa rivelare una vena non banale di libertà interpretativa dell’estetica.
Attraverso dunque un percorso nella storia e nell’evoluzione della più attuale tendenza della moda contemporanea, la mostra vuole porre in evidenza il potere fortemente evocativo dello stile di ieri. Nulla infatti come un capo dal “glorioso” passato è in grado di sfidare la piatta omologazione ormai imperante nel presente. Puntare su pezzi che hanno in sé un trascorso “di spessore” è come dare il via al persistere della bellezza. Bellezza già creata che continua a crearne dell’altra.
“Gli uomini comuni guardano le cose nuove con occhio vecchio. L’uomo creativo osserva le cose vecchie con occhio nuovo”, leggiamo in Gian Piero Bona.
E questo pare essere uno dei principi ispiratori della suggestiva manifestazione, realizzata con “A.N.G.E.L.O VINTAGE Archive” e con la sinergia della vice presidenza di ACTE Italia (Associazione delle Città Tessili Europee); arrivare attraverso la pratica del “già visto”e del “già indossato” a dare valore al concetto di “vissuto” e di “second hand”.
Non dunque una pedissequa testimonianza -negli 800 metri quadri a disposizione- di abiti e corollari di un tempo andato, ma una ricerca acuta di tutto ciò che ha reso questo fenomeno così evidente e “quasi” indispensabile nel panorama odierno della moda e del tessuto. Un percorso supportato da netti riferimenti cronologici con più di cento capi esposti in un ininterrotto spazio tra costumi antichi e capi usati provenienti da tutto il mondo. Jeans d’antan, giacche tratte da collezioni militari altamente suggestive, abiti dal sapore decisamente “unico” ed elegante visti su “dive” famose immortalate ovunque. E poi video, filmati, interviste a personaggi promotori di progetti analoghi sul territorio e altrove.
Amore per il passato e per la cultura presente, passione per i materiali e per i dettagli, armadi che diventano archivi. Questo il giusto approccio per un terreno non sempre facilmente interpretabile. Un vago snobismo. Una curiosità non comune. Un pizzico di anticonformismo. Un filo di vena nostalgica. Un mix rocambolesco e anche un po’ strambo di estro e di talento. E una realistica voglia di diversificare “personalizzando”. “Un gusto sicuro e una buona dose di coraggio”, per dirla alla Diana Vreeland, geniale e irraggiungibile su questo argomento per la sua singolare modalità di porsi e di esporsi.
Passeggiare tra una vecchia bamboo-bag di Gucci, una scarpa lievemente consunta di Ferragamo, un coloratissimo pigiama-palazzo di Pucci, uno stinto e trasgressivo eskimo degli anni ’70, uno strabiliante broccato anonimo ispiratore di molto altro, sarà, per chi vorrà, un’esperienza emozionante e arricchente. Il contributo annuo del Ministero dei Beni Culturali è sicura premessa e promessa di poter reiterare qualcosa di altrettanto bello e trasversalmente rivoluzionario nel futuro.
Eh sì! Perché, come ha ben scritto Camus nel suo “L’uomo in rivolta”,
“La bellezza senza dubbio non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza”.
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Per terminare la nostra piccola carrellata di suggerimenti occorre sollevare lo sguardo verso le vette innevate e munirsi di catene e di capi caldi e pesanti…. Cortina, perla e regina delle Dolomiti, la meta prefissata. È qui, nelle sale del Comun Vecio, che fino all’8 di marzo è in atto la mostra “MUST HAVE”, dell’artista romano Marcello Reboani, dedito a recuperare materiali disparati che, una volta rielaborati, si trasformano in opera artistica. Prodotti di uso comune o straordinario che, a prescindere dal loro significato nell’immaginario collettivo, appaiono nuovi e rivisitati. Inaugurata anch’essa il 7 dicembre nell’ambito della seconda edizione del “Cortina long fashion weekend”, gli oggetti-cult contemporanei o meno vivono in modo iconografico una vita diversa.
I Ray-Ban a goccia e le Manolo Blanick, il tappo della Peroni e la lussuosa Kelly di Hermès, l’impareggiabile Vespa e l’acqua San Pellegrino. Lo Xanax……..
La chiave di lettura dell’artefice di ciò e della curatrice dell’evento, Melissa Proietti – con un’esperienza internazionale nel settore arte e moda- è a 360 gradi, abbracciando diversità e uguaglianze al contempo.
“…Questi quadri scultura sono lì a ricordarci che, al di là delle apparenze e degli status-symbol creati a tavolino dagli uffici marketing delle grandi maison di lusso, il vero MUST HAVE resta la salvaguardia del nostro pianeta, di cui ognuno di noi è responsabile. Reboani non ne fa una questione politica, ma punta l’attenzione su quella che lui definisce economia della materia”.
Materia che, indagando un poco sulla sua ricca biografia, sicuramente ha imparato ad amare, vista la sua “predisposizione” a provare ebbrezza nell’osservare il mare, la terra, il cielo, l’aria….Un viaggio intorno al globo in barca a vela, gli occhi sicuramente pieni di immagini “inimmaginabili” e di colori difficilmente descrivibili. La scelta di vivere tra Roma “museo tra i musei” e una piccola isola del Dodecanneso circondata di luce e del più celestiale tra i colori, la dice lunga sulla sua raffinata personalità e sul suo polimorfo tratto….
“Se vuoi sognare e hai bisogno di un tonico, rovescia la coppa del cielo e beviti l’azzurro…”, ci ha insegnato Luis Vidales, poeta colombiano.
Uno stimolo preziosissimo, vien da pensare, subliminale all’espressione di sé. Una ricchezza interiore accumulata e sempre pronta a traboccare per donare cultura e arte a chi sappia aprire la testa e l’animo ad esse.
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È tempo di chiudere, ora. In bellezza? Sì, nella bellezza, con la bellezza, per la bellezza.
“Saggio è colui che si accontenta dello spettacolo del mondo”
C’è tutto quel che serve in questo pensiero di Pessoa apparentemente riduttivo, apparentemente passivo, apparentemente contemplativo.
C’è tutto quel che occorre per poter spiccare voli altissimi e per mutuare spunti infiniti da mettere in moto verso altro.