Tre donne in mostra a Milano.
C’è ancora un po’ di tempo per ammirare quel che Palazzo Morando Costume Moda Immagine tiene racchiuso in questo periodo.
Impensabile, per chi si trovi a percorrere il quadrilatero milanese, non entrare dai due accessi -via Sant’Andrea, 6 e via Bagutta, 24- in modo da poter gustare tre veri “gioielli” per gli occhi e per la mente.
Tre mostre, completamente differenti l’una dall’altra, atte a sottolineare la capacità, la portata, la forza creativa di tre donne straordinarie.
Un omaggio a chi è, a chi è stato, a chi sempre sarà.
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Fino al 10 di novembre ci allieta la poliedrica personalità di Valentina Cortese. Una carrellata di abiti, accessori, scritti, pezzi di vita di una donna dallo stile netto e riconoscibile.
Salendo le scale che portano al primo piano della settecentesca dimora nobilare, è magico incontrare, alla fine della prima rampa, un cavalletto con un’immagine penetrante della raffinata protagonista. Lo sguardo serio, la bocca ben delineata, la fronte coperta dall’immancabile foulard. Quel che appare è la copertina del bel catalogo di Skira -VALENTINA CORTESE 100 ritratti- dedicato alla sua espressività, alla sua bravura, alla sua attitudine a essere un’icona e, al contempo, semplicemente una donna.
Una sua frase, sopra la fotografia:
“Ho perseguito ideali nei quali dominavano la grazia e la bellezza; a essi, come a me stessa, voglio restare fedele.”
Caspita! L’inizio del percorso è già una promessa……
E addentrarsi nelle sale affrescate scorgendo (accanto alle statue, ai dipinti, alle vetrine contenenti porcellane preziose e ninnoli rari della raccolta museale permanente) i suoi vestiti, le sue mantelle, le sue bandane, le sue borsette, i suoi monili così attuali nella loro trasversale modalità di “percorrere” e di “precorrere” i tempi, riempie l’anima, che si fa curiosa e desiderosa di scoprire altro.
Un “ventaglio” di fantasie e di fogge a volte sobrie, a volte anticonformiste. Uno stuolo di nomi conosciuti in tutto il mondo -Capucci, Galante, Dior, Valentino, Ferré, Mila Schön e molti altri-. Una selezione di ricordi e di stralci di vita condivisa con personaggi dello spettacolo e della quotidianità -il cinema, il teatro, le amicizie, gli affetti-.
Di stanza in stanza la testimonianza del suo modo di stare “dentro” la moda e di amarla senza però rincorrerla.
Fiori, sulle stoffe. Frange, lustrini, ricami, bordi di pelliccia. Persino un volo di rondini sopra una tunica di raso cipria… Abiti bianchi degni di una sposa post-moderna. Abiti neri dai toni drammatici e austeri. E poi colore, colore, colore. E tantissima eleganza.
Ogni dettaglio è curato, ricercato, voluto, amato.
Tutto parla di lei, generosa offerta per i suoi ammiratori, ospitata in un ambiente che rende perfettamente giustizia alla sua formidabile arte di farsi di volta in volta imperiosa e timida, audace e discreta.
È nelle parole di Antonio Zanoletti, uno dei curatori della mostra e del volume a lei intitolato, che si intuisce quanto la sua “presa” sia indiscutibilmente attraente…
“….e a mio parere il suo fascino (ecco il termine preciso: senza fascino non si è divi)…resta intatto. È nel suo sorriso, nei suoi occhi elusivi, velati di “melanconia”, è nella sua unicità, nella sua inafferrabilità e nello stesso tempo nella sua totale disponibilità vera, attenta, ma anche in quello starsene in un cielo diverso, quasi creatura diversa, fuggitiva, senza mai però perdere se stessa….”
Vedere improvvisamente il suo volto di profilo (quasi rinascimentale), con i capelli “liberi” dal cliché abituale, “esistenti”, ricci, bianchi, naturali, “suoi” -colpo di scena messo in atto pochi mesi fa e immortalato accanto all’altra faccia della stessa medaglia-, risulta essere una rivelazione gioiosa e scoppiettante.
Proprio come lei, diva piena di sorprese ancora oggi.
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Fino al 30 di novembre ci stupisce l’eclettica natura di Anna Piaggi sfociata nella sua intensa carriera vissuta tra moda, giornalismo, viaggi, cultura, libri, creatività…..
Accedere allo spazio di Palazzo Morando a lei riservato è come calarsi nella sua vita. Vita ricordata -oltre che dalla panoramica di oggetti personali messi in risalto e di immagini ricche della sua espressività poste in ogni angolo- dalla testimonianza “de visu” di una voce “preziosa”, quella di una persona a lei familiare, custode -dopo la sua scomparsa- del patrimonio artistico e culturale di questa donna dalle mille sfaccettature.
La mostra, incentrata sulla sua passione più “caratteristica”, porta come titolo “Hat-ology, Anna e i suoi cappelli”, e si svolge tra le “finte” pareti dell’appartamento milanese (simulato giocosamente da Stephen Jones, curatore della mostra nonché amico e fornitore ad hoc di alcuni dei capolavori “da testa” portati disinvoltamente da Anna) che ha avuto la “fortuna” di essere testimone silenzioso della sua presenza.
E pare di addentrarsi in un teatro a più stanze, con quinte riservate nel delimitare i vani, con luci variabili nel marcare le differenze dei vari ambienti: la cucina (“cuoca esperta di moda, non solo di pasta”, si legge in una dicitura esplicativa), lo studio dove lei operava (con tanto di ticchettio della macchina da scrivere in sottofondo), il bagno (dove la si immagina alle prese con i suoi rossetti e i suoi pettini “vivi e creativi”), la camera da letto (i suoi appunti, le sue foto, i suoi amici “famosi”), la stanza disimpegno (con anche una video-lavatrice che gira e gira e gira). I sessanta cappelli esposti -oltre 600 in realtà quelli da lei posseduti!- occhieggiano e provocano con la loro peculiare arditezza.
Sistemati per colpire gli occhi dei visitatori in modo incisivo ma leggero, trionfano su tutto il resto e, corredati da schizzi, fotografie e video, rimangono impressi come qualcosa di impareggiabile.
A gruppi, singoli, sopra un mobile, dentro una cappelliera, a cascata uno sull’altro, dentro il box doccia, accanto al letto…..
Ovunque. A fare da filo conduttore (anche qui, oltre ai soggetti più strani, troviamo uno svolazzo di rondini leggiadro posato con grazia) di una vita all’insegna del non voler lasciare mai nulla al caso e alla banalità.
Garbata la voce-racconto della moglie del fratello. Delicata la sua enfasi nel descrivere il desiderio di aver voluto e creato l’Associazione Culturale Anna Piaggi, seguita dalle persone a lei più care. Emozionata la sua narrazione nel ricordarla mentre passeggiava nei fine settimana trascorsi in montagna in famiglia…..
“Non rinunciava mai alla sua identità. I suoi abiti coloratissimi e stravaganti facevano parte del suo essere anche in un sentiero tra i boschi o in una cena davanti al camino. E l’incanto dello sguardo di chi la incontrava diceva tutto su ciò che lei trasmetteva. Una mattina uggiosa poteva trasformarsi in una giornata di sole, quando apriva la finestra vestita di giallo o di arancione. Anna portava luce. E vita“.
E questa sensazione, all’uscita, rimane “attaccata addosso”. Anche se è già buio.
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Fino all’8 dicembre, nella sala a pianterreno di Palazzo Morando, ci aspetta l’impetuosa forza visiva dell’arte di Graziella Vigo, fotografa milanese nota in tutto il mondo per la sua geniale capacità di mostrare quel che la sua macchina percepisce e “vede”.
Molti anni di lavoro svolto nei più grandi teatri lirici -dalla Scala di Milano al Regio di Parma, al Teatro Verdi di Busseto fino al Metropolitan Opera di New York e al NHK di Tokyo- per afferrare un volto, un’ombra, un dettaglio. Sempre con il pubblico in sala.
Un compendio di scatti selezionati per dare risalto al bicentenario della nascita di Verdi. Una tecnica dal risultato fantastico ottenuto usando una particolare tela fotografica analoga al canovaccio pittorico.
La manifestazione, curata dalla Vigo stessa, modifica il titolo originale, “Verdi in scena” -portato in altre sedi espositive-, adattandolo a quella milanese: “La moda nella musica di Verdi”.
I suoi 25 anni “trascorsi” nel momento d’oro del Made in Italy, a contatto con i grandi nomi ad esso legati, non possono essere disgiunti dal resto…..
Ed ecco l’occhio clinico nel catturare un colore, un requisito, un guizzo, un fruscio della stoffa. E a renderlo -per usare un ossimoro- mosso nella sua staticità. Vivo. Vero.
Nabucco, Otello, La Traviata, Un ballo in maschera, Falstaff, Il Trovatore, Rigoletto, L’Aida, Macbeth.
Un tuffo nella “visione” della musica. Un modo di sentirla “con gli occhi”.
Passato l’ingresso, una manciata di parole che fermano il passo:
“….Graziella Vigo coglie il momento culmine di un personaggio, nell’ombra pericolosa di un mantello, nella piega sontuosa di un broccato, nell’innocenza tradita di un velo, nell’improvviso irrompere di una marsina tra abiti antichi….”
Tracce da seguire, da imitare, da fare proprie. Di cui beneficiare.
Ritratti purissimi, spaccati di meraviglia.
Molte figure prese di spalle, misteriose interpreti sfuggenti e ritrose.
Rimane nel cuore quell’inquietante Lady Macbeth, quel suo vestito rosso sangue, quel getto di blu acceso che ricorda la lama di un coltello, quel nero sullo sfondo che avvolge e fagocita.
E quasi incute timore quel viola cupo ornato di rondini (ancora, le rondini!) dell’abito di Violetta ne “La Traviata”.
E danno respiro i pastelli dei capi sontuosi e allegri delle giovani dame in “Rigoletto”.
Dietro tutto questo, lo spessore di una donna ricercata ed elegantissima -sempre e solo vestita di bianco, in qualsiasi stagione dell’anno- dall’anima altrettanto “chiara”.
Un senso estetico deciso, una cura per l’armonia intensa, un amore per il lavoro intatto nel tempo.
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Un’immersione profonda nella bellezza, dunque, a Palazzo Morando. Comunque la si voglia avvicinare.
Sì, la bellezza. Salvifica e costruttiva.
Pochi giorni fa, leggendo le parole della moglie di Lou Reed -contraddittorio poeta e musicista volato via in un soffio- dedicate al suo compagno di una vita, vi ho trovato una dolcezza infinita e una verità trasparente:
“I suoi brani sulla bellezza del mondo riempiranno di gioia molte persone. Lunga vita alla bellezza che scende, attraversa e si posa su tutti noi“.
Nutrirsi di essa credo sia un dovere per tutti noi. Seguirla non può che renderci migliori.
PALAZZO MORANDO
Via Sant’Andrea,6
Via Bagutta,24
Dal Martedì alla Domenica
dalle 9.00 alle 13 – dalle 14.00 alle 17.30