Tutti i colori dell’Italia ebraica: una mostra sorprendente
“Tutti i colori dell’Italia ebraica. Tessuti preziosi dal tempio di Gerusalemme al prêt-à-porter” è una mostra sorprendente, allestita agli Uffizi di Firenze fino al 27 ottobre, che ripercorre la storia degli Ebrei italiani da una prospettiva inedita, quella dell’arte del tessuto, testimoniata da 140 opere tra arazzi, merletti, stoffe e addobbi.
La linea-guida concettuale di questa rassegna ha un respiro socio-culturale molto ampio, in cui l’arte, la tradizione, gli eventi sono intrecciati metaforicamente e materialmente nelle trame dei manufatti. Tanta magnificenza di stoffe è esposta in un percorso che si articola in otto sezioni, a partire dall’epoca del Sommo Sacerdote Aronne per arrivare alla moda del Novecento e dell’imprenditoria tessile moderna, passando da temi quali il ruolo della scrittura come motivo decorativo, l’utilizzo dei tessuti per i paramenti delle sinagoghe, il ricamo come lavoro segreto, il ruolo della donna. E poi il tessuto come forma di affermazione sociale dei ceti più abbienti delle comunità ebraiche, che si spinsero ad apporre stemmi negli arredi per il culto, i legami commerciali e familiari con i Paesi del Mediterraneo e le conseguenti contaminazioni nello stile dei manufatti. Molto interessante anche la sezione dedicata all’emancipazione degli Ebrei nell’Ottocento e al loro ruolo sia di artisti sia di collezionisti di raffinati di tessuti, responsabili in ultima analisi del fiorire degli studi in quel campo (fino allora trascurato).
In effetti nel mondo ebraico la tessitura ha sempre esercitato un ruolo essenziale nell’abbellimento di case, palazzi e luoghi di culto. Ne emerge un ebraismo attento sì alla tradizione, ma anche gioioso, colorato, incredibilmente denso di simboli. Inoltre si riconosce qui il carattere interculturale e internazionale di questo popolo, soprattutto grazie all’eccezionale varietà dei motivi sui tessuti, dove il colore spesso predomina in maniera straordinaria.
Protagoniste già nella Bibbia, anche nei secoli recenti le stoffe hanno dimostrato la capacità di esprimere l’anima della gente ebraica attraverso capolavori assoluti, spesso provenienti dall’Oriente vicino e lontano con cui gli Ebrei italiani entravano in contatto in virtù di legami familiari e commerciali: un esempio mirabile è rappresentato dalla magnifica tenda (la parokhet) del primo quarto del XVI secolo, di manifattura ottomana, prestata dal Museo della Padova Ebraica.
Le diverse comunità ebraiche italiane, in osmosi con la società circostante con cui si confrontavano, finivano per acquisire linguaggi ed espressioni artistiche dei vari luoghi: come si evince dalle opere tessili provenienti da Livorno, Pisa, Genova e Venezia, è palese l’influenza levantina, sensibilmente diversa da quanto riscontriamo in quelle romane, fiorentine o torinesi, che si confrontavano con il gusto dei poteri dominanti in Italia.
Nel percorso della mostra è possibile ammirare alcuni pezzi rarissimi, concessi da musei e collezioni straniere, che conducono idealmente il visitatore attraverso le festività ebraiche: tra questi, i frammenti ricamati venuti dal Museum of Fine Arts di Cleveland, le due tende dal Jewish Museum di New York e dal Victoria and Albert Museum di Londra che, insieme a quella di Firenze, formano un trittico di arredi (per la prima volta riuniti insieme) simili per tecnica e simbologia.
Un unicum autentico è costituito da un cofanetto a niello della fine del Quattrocento proveniente dall’Israel Museum di Gerusalemme che, fungendo da computer ante litteram ad uso della padrona di casa, teneva il conto della biancheria via via consumata dai componenti della famiglia.
Dagli abiti – in particolare quelli femminili – spesso si ricavavano le stoffe preziose per confezionare paramenti e arredi sinagogali, dove talvolta è possibile individuare le linee delle vesti e il loro uso originario. Nel Ritratto del conte Giovanni Battista Vailetti di Fra Galgario, del 1720 (un prestito eccezionale dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia), il personaggio indossa una splendida marsina in prezioso broccato, mentre nell’Allegoria dei cinque sensi di Sebastiano Ceccarini (1745) la veste della bambina è dello stesso tessuto della mappà Ambron realizzata a Roma nel 1791-92.
I ricami raggiungono vette di virtuosismo, alcuni con ‘stemmi parlanti’ (gli Ebrei non potevano ricevere un titolo nobiliare) entro fastose cornici barocche. Vere e proprie “pitture ad ago” che brillavano alle luci mobili delle candele e delle torce, in un trionfo di sete colorate, di fili d’oro e d’argento, sono opera delle abili mani delle donne che, pur rinchiuse tra le mura domestiche, hanno saputo esprimere una notevole inventiva e vastità di conoscenze.
Tra i tessuti più antichi esposti, databili al Quattrocento, sono una tenda per l’armadio sacro proveniente dal Museo Ebraico di Roma, un’altra proveniente dalla Sinagoga di Pisa e un telo del ‘Parato della Badia Fiorentina’ che in origine ricopriva per le feste solenni tutte le pareti della chiesa. Tutti sono stati eseguiti in un velluto cesellato e tramato di fili d’oro nel motivo della ‘griccia’ – una melagrana su stelo ondulato – che è forse il disegno tessile più tipico del Rinascimento in Toscana.
Questa affascinante mostra agli Uffizi è anche l’occasione per scoprire l’Aron Ha Qodesh, un armadio sacro proveniente dalla più antica sinagoga di Pisa. Le decorazioni dipinte e le dorature del mobile, identificato come originale del XVI secolo, sono riemerse sotto le innumerevoli mani di tinta bianca che l’avevano deturpato.
Arriviamo infine ai giorni nostri attraverso il collezionismo tessile dell’Ottocento, di cui fu massimo esponente Giulio Franchetti, a cui si deve la donazione della raccolta privata al Museo del Bargello, ma anche l’imprenditoria – in particolare quella pratese con la famiglia Forti-Bemporad – e la creatività di alcuni stilisti.
L’esposizione termina con un capolavoro assoluto, il merletto lungo otto metri disegnato da Lele Luzzati per il transatlantico Oceanic: un collage di pezzi antichi e moderni che riproduce I fasti e le immagini della Commedia dell’Arte Italiana, in un medium inusitato, che coniuga l’antica manualità con una grande forza espressiva.
Ha dichiarato Eike Schmidt, l’ottimo Direttore degli Uffizi di Firenze: “E una rassegna di amplissimo respiro su un tema mai affrontato prima. Il visitatore rimarrà sorpreso dalla varietà e ricchezza degli oggetti esposti, che spaziano dai solenni parati liturgici ai doni diplomatici, dagli abiti ai ricami, dai ritratti al prêt-à-porter e molto altro: sono le fitte, preziose trame del popolo ebraico in Italia”.
In realtà questa mostra, curata da Dora Liscia Bemporad e Olga Melasecchi, coinvolge tutti e richiama l’attenzione su un ricchissimo patrimonio comune che merita di essere valorizzato, protetto e narrato affinché possa continuare a nutrire di humus benefico l’intera collettività.