Udite, udite
DIOR A MILANO: UNA BORSA PER L’ARTE
“Lady Dior as seen by” è il titolo della mostra alla Triennale di Milano (fino al 4 Novembre) che, prendendo spunto dalla celebre borsa creata per la principessa inglese Diana nel 1995, è già stata presentata a Shanghai, Pechino, Tokio con grande successo, a conferma del sensibile mecenatismo della griffe d’Oltralpe. La “Lady Dior” (caratterizzata dall’impuntura cannage ispirata alle sedie Napoleone III amate da Christian) era stata commissionata dalla moglie del Sindaco di Parigi e poi Presidente della Repubblica francese Chirac alla maison Dior per omaggiare la principessa di Galles in occasione del vernissage di una rassegna di Cézanne al Grand Palais. Tale accessorio, di cui Lady Diana fu testimonial d’eccezione, ottenne un successo clamoroso, l’eco del quale perdura tutt’oggi. All’esposizione milanese sono presenti 77 opere tra fotografie, cortometraggi (aventi Marion Cotillard protagonista) e sculture, con artisti di varia estrazione tra cui Luca Trevisan, il duo Vedovamazzei, Liu Jianhua, Gregor Hildebrandt. Dior ha pensato davvero in grande per questo evento, promuovendo anche un concorso per gli studenti dell’Accademia di Brera (i cui vincitori Alessandro Carano e Davide Stucchi partecipano alla mostra assieme ai big dell’arte contemporanea) e, soprattutto, riaprendo la mega-boutique di Via Montenapoleone (495 mq), il cui restyling è stato affidato al super-architetto Peter Marino.
“SIR” ARNAULT, CAVALIERE DI SUA MAESTA’
Il magnate del lusso francese Bernard Arnault sarà presto insignito del titolo di Cavaliere Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico, istituito nel 1917 dal re Giorgio V per rendere onore a quanti si distinsero durante la prima guerra mondiale. Il numero uno del colosso LVMH, di recente balzato agli onori della cronaca per la richiesta di cittadinanza belga che tante polemiche ha suscitato, è particolarmente legato all’Inghilterra: i brand Thomas Pink (abbigliamento) e Glemmorangie (whisky) appartengono al suo gruppo e a Londra il potente imprenditore ha addirittura fondato una scuola di business. Arnault, che è l’uomo più ricco d’Europa (il suo patrimonio ammonta a 41 miliardi di dollari), riceverà formalmente il prestigioso titolo all’ambasciata inglese di Parigi da Sir Peter Ricketts, ambasciatore di Sua Maestà in Francia. L’imprenditore d’Oltralpe risulterà essere tra i pochi premiati non inglesi, affiancando così personaggi del calibro di Bill Gates e Steven Spielberg. La nomina è arrivata in contemporanea alla decisione della Francia di tassare del 75% la parte di reddito annuo superiore a un milione di euro (i “maligni” sussurrano che la scelta di Arnault di diventare belga sia dettata proprio da ragioni fiscali). Si tratta di una scelta agli antipodi di quella adottata in Gran Bretagna, dove nel 2013 l’aliquota scenderà dal 50 al 45% per chi guadagna più di 150 mila sterline (circa 180 mila euro).
A VIVIENNE PIACE IL PALLADIO
E’ stata battezzata “Gainsborough Collection” la seconda linea di gioielli in palladio lanciata dalla stilista britannica Vivienne Westwood in collaborazione con International Palladium Board (IPB). La nuova collezione include collane, orecchini e anelli in filigrana, con alcuni articoli impreziositi da zaffiri e diamanti. La Westwood ha pensato anche a gioielli personalizzati, realizzati su ordinazione e ispirati alla moda, compresa la tiara, un pezzo che ha conosciuto di recente un autentico revival. Non mancano i modelli per così dire commerciali, con prezzi che vanno da poco più di 400 dollari per un paio di orecchini e 1260 dollari per una collana. La Gainsborough Collection ha debuttato durante la Paris FashionWeek. La prima collezione della Westwood e dell’IPB, chiamata “Get a Life”, è stata proposta l’anno scorso con l’obiettivo dichiarato di aumentare la consapevolezza ambientalista e, in particolare, la sensibilità verso i problemi climatici. Caratterizzata da una forte simbologia che attinge alla natura ed ai riti pagani degli antichi Celti, presenta forme che richiamano i cuori, gli alberi di quercia, le ghiande. La collaborazione tra l’estrosa designer inglese (di casa in Italia) e IPB rientra nella campagna istituzionale di Palladium Visions, che chiede ad artisti e stilisti di tutto il mondo di creare nuovi gioielli usando questo nobile metallo.
ADDIO A ANNA PIAGGI, AMBASCIATRICE DEL MADE IN ITALY
Ci sembra che nel mondo della moda italiana non sia stato tributato il giusto omaggio alla grande giornalista di haute couture Anna Piaggi, scomparsa a Milano lo scorso agosto. Pochi media l’hanno ricordata come avrebbe meritato in virtù della sua professionalità e del suo temperamento. Commentatrice di razza delle passerelle planetarie, lei stessa ispiratrice di numerosi stilisti, ma soprattutto portabandiera dello stile italiano nel mondo, pur se interpretato e mixato secondo il suo estro personale, la Piaggi è stata per cinquant’anni una delle “penne” più visionarie, intelligenti e acutamente provocatorie del fashion editing, al punto che il New York Times la definì “l’unica italiana che valesse la pena di fotografare”, soprannominandola “walking museum” (museo ambulante), mentre Karl Lagerfeld per lei creò addirittura un fumetto intitolato “Anna-Chronique”. Capace di precorrere le tendenze, perché sempre desiderosa di sperimentare, approfondire, innovare, scoprire, la Piaggi amava giocare con le parole e in effetti le sue “Doppie Pagine” su Vogue hanno fatto scuola, entrando nel “mito” del magazine. Nel 2006 il Victoria & Albert Museum di Londra le dedicò una mostra personale in cui espose un migliaio di suoi cappelli, quasi tremila abiti e circa trecento paia di scarpe (accorsero a visitarla decine di migliaia di persone facendo la fila). Stimatissima specialmente all’estero (in Italia forse venne vista dai più essenzialmente come un personaggio eccentrico), Anna Piaggi intuì le potenzialità del made in Italy ante-litteram e contribuì a definire, realizzare, promuovere il sistema moda. A lei si deve anche l’invenzione del vintage, perché amava “divertirsi” con gli stili e con le epoche, così che in un’intervista si rivelò in questi termini: “La mia filosofia della moda è umorismo, scherzo, gioco”. Probabilmente dovrebbe essere così per tutti.
LA TERZA VIA PER IL RETAIL DI MODA
La modesta capacità delle piccole aziende italiane di radicarsi all’estero in termini commerciali è alla base della caduta verticale dell’export di prodotti moda negli ultimi anni. L’autorevole Centro Studi di Confindustria ha affermato che il nostro Paese “sconta la mancanza di retailer nazionali affermati a livello internazionale che fungano da vetrina per i prodotti made in Italy… In alternativa le imprese devono affidarsi alle grandi catene distributive internazionali o aprire punti vendita diretti in loco”. La Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi di Milano ha condotto una ricerca su nuovi format del dettaglio multimarca che potrebbero aprire alle piccole e medie imprese italiane una terza via tra retail diretto e distribuzione organizzata. In particolare, sono stati identificati due modelli: il primo riguarda un singolo imprenditore che aggrega vari fornitori intorno ad una visione innovativa (ad esempio Officine Slowear, che unisce 4 brand maschili); il secondo vede un ente creare un punto vendita collettivo in cui diverse aziende si alleano per accedere ai mercati esteri (ad esempio la piattaforma e-commerce I-love-Italian-shoes promossa dall’Associazione calzaturieri italiani per favorire gli acquisti diretti di scarpe made in Italy). Entrambi i modelli offrono alle aziende l’opportunità di pubblicizzarsi ed approcciare l’ambito internazionale a costi ridotti e in modo accattivante per il consumatore.