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RIAPRE A PARIGILA CASA DI ELSA
A Parigi sta per rinascere come l’Araba Fenicela Maison Schiaparelli, il celebre atelier della stilista italiana a cui la capitale francese assegnò lo status di “mito”. A decidere la riapertura della casa è stato l’intraprendente Diego Della Valle, che nel 2007 ha rilevato il brand e l’archivio storico. L’indirizzo è quello di sempre in Place Vendôme, nel palazzo che vide fiorire la creatività di Elsa e fu da lei irradiato: in effetti si è ricreato un ambiente estremamente sofisticato, con pezzi di altissimo artigianato che spaziano dai fasti di Versailles alle opere più bizzarre di arte contemporanea. Del resto, Elsa Schiaparelli fu colei che più di tutti seppe coniugare arte e moda, contaminando l’una con l’altra, lasciandosi ispirare in modo assoluto e a sua volta ispirando generosamente (fu amica di numerosi artisti). Per la nuova collezione della Maison Schiaparelli, che sarà presentata a Gennaio 2013 e consterà di 10 modelli al massimo, è già stata coniata l’espressione “prêt-à-couture”, a significare che questi abiti, benché di lusso top, verranno realizzati su misura con tempistica moderna: solo 48 ore. Ma l’atelier proporrà anche accessori quali borse, guanti, bijoux, profumi. Dominatrice dell’alta moda internazionale per vent’anni tra il 1935 e il 1954 (anno in cui decise di ritirarsi dalla scena), Elsa Schiaparelli fu la stilista prediletta da aristocratici, attori, pittori, poeti, affascinati dalla sua visionaria fantasia che precorreva i tempi. Chi sarà il/la designer che Della Valle chiamerà a rilanciarne il mito? La risposta in autunno.
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IL BELLO, VERA ARMA CONTROLA RECESSIONE
Il Censis ha calcolato che in Italia la cosiddetta “industria del bello” (abiti, borse, scarpe, articoli di design, auto di lusso, yacht, hotel pluristellati) incide sulla produzione di ricchezza addirittura per il 5,4%, realizzando un valore aggiunto di 74,2 miliardi di euro. Questi dati confermano l’analisi effettuata dall’organismo che riunisce le cinque associazioni dell’alta gamma di Italia, Francia, Regno Unito, Spagna e Germania (ECCIA), secondo cui il lusso europeo arriverà nel 2020 ad un fatturato di 900 miliardi, dando lavoro ad oltre 2 milioni di addetti. Ma tutto ciò, come ha sottolineato Armando Branchini, Segretario Generale di Altagamma e Presidente del team esecutivo di ECCIA, avverrà solo a quattro condizioni: una maggior difesa della proprietà intellettuale con decisa lotta alla contraffazione; la promozione dell’artigianalità tramite un adeguato sistema formativo; la riduzione delle barriere tariffarie, che purtroppo nel mondo stanno aumentando anziché contrarsi; la tutela della distribuzione selettiva contro i rischi di vendite online poco trasparenti. Questi fattori, sui quali si fonda il modello di business dei nostri marchi, sono oggetto delle pressioni di ECCIA sulla Commissione Europea per sollecitare l’approvazione di una legge comunitaria di tutela del nostro “bello”: un patrimonio che non possiamo permetterci di penalizzare se vogliamo battere efficacemente la crisi.
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BIANCO CONTEMPORANEO
Artigianauti, il portale per la promozione dell’Artigianato Contemporaneo e delle Autoproduzioni, ha organizzato – con il Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dell’Associazione Gioiello Contemporaneo – il primo Concorso di Moda Etica rivolto a designer, stilisti e creativi per valorizzare le competenze, la professionalità e la creatività di chi è particolarmente attento alla filiera produttiva scegliendo tessuti e tinture naturali da un lato, dall’altro utilizzando gli scarti e i rifiuti in modo innovativo. Il concorso intende sostenere il Made in Italy delle auto-produzioni per creare una rete di studenti, designer, stilisti, piccole e medie imprese, aziende di moda e professionisti del settore che investa sul design come elemento strategico di competitività e sui talenti come imprescindibile risorsa creativa del sistema moda. Il tema scelto per la prima edizione è “Il Bianco – La luce della contemporaneità”, una sfida per i creativi della moda ai quali si chiede d’interpretare questo colore-noncolore sia come linea di tendenza 2013 sia come espressione stilistica originale e personale. Al concorso possono partecipare designer/creativi/artigiani del bijou, del gioiello, dell’abbigliamento, di accessori moda e del tessile, professionisti o autodidatti, studenti iscritti a istituti pubblici o privati di moda, accademie e università. I candidati devono privilegiare materiali naturali, riciclati, ecologi, organici, innovativi, nonché tinture naturali. La documentazione deve essere presentata entro il 31 marzo 2013. Tutte le informazioni sono pubblicate sul sito www.gliartigianauti.com
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PIZZI E FORCHETTE TRA MODA E MODI
Forse non tutti sanno che si deve all’abbigliamento la creazione di particolari regole e abitudini dello stare a tavola. Ciò avvenne soprattutto nel Seicento, allorché per evitare che, a contatto col cibo, si lordassero i pizzi ed i merletti decorativi di colli e polsi delle dame e dei signori della ricca Europa, venne introdotto e codificato l’uso delle posate. In realtà, coltello, cucchiaio e forchetta hanno ciascuno una storia peculiare. L’utensile più antico è indubbiamente il coltello, fabbricato dall’uomo già all’età della pietra e poi perfezionato con la lavorazione dei metalli. Usato principalmente come arma e in subordine per tagliare la carne in grossi pezzi, fu poi adottato a tavola quando si diffuse il costume di consumare i pasti seduti ed in compagnia. Pare che sia stato il re di Francia Luigi XV, a fine ‘600, ad introdurre a corte il coltello a punta arrotondata anziché appuntita (temendo un attentato alla sua persona). Tale usanza si diffuse poi ovunque per imitazione. L’impiego del cucchiaio, invece, diffusosi per prevenire “sbrodolamenti” in caso di avvicinamento della bocca ai recipienti, è relativamente più recente, mentre l’uso della forchetta (in origine con due sole punte) viene fatto risalire ad una principessa bizantina che non voleva assolutamente sporcare i suoi abiti eleganti toccando i cibi con le mani. In generale, fu la vita in società cittadina a rendere le mode ed i modi più gentili, favorendo le attenzioni di nobili e borghesi a mantenere le vesti linde e ad a rispettare certe regole di comportamento in pubblico.
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ADDIO ALLO “STILISTA DI DIO”
Nella notte tra il 19 e il 20 Luglio è scomparso ad Albenga, all’età di 80 anni, il prete-artista Padre Gianfranco Bertolotti, meglio noto col nome d’arte di Chino Bert. Nato a Pavia, questo sacerdote sui generis, appassionato di moda e design sin dalla giovinezza, aveva debuttato appena ventenne come stilista, presentando in una cornice prestigiosa come Palazzo Pitti la collezione “Scatola”, che subito attirò l’attenzione di molti addetti ai lavori, compresi il Marchese Giovanni Battista Giorgini, la giornalista Irene Brin, la pittrice Brunetta Mateldi. Padre Bertolotti disegnò poi le collezioni della sarta romana Maria Antonelli, ma come talento creativo fu scoperto e valorizzato veramente da Maria Carità che a Parigi dirigeva il celebre Salone di bellezza in Rue St. Honorè. Quindi avviò un’intensa collaborazione come illustratore di moda con il quotidiano “L’Aurore” e con la rivista mensile “L’Art e la Mode”, disegnando non solo abiti, ma anche accessori, gioielli, tessuti, costumi teatrali. Nel 1963 iniziò a lavorare per Mila Schön e Loris Abate, conquistando pure l’ambito premio Neiman Marcus a New York, e poi nel 1965 per le sorelle Fendi al loro debutto ufficiale sulle passerelle. Nel 1973 si eclissò dal mondo della moda per entrare in un monastero benedettino e poi diventare don Franco, lo “stilista di Dio” (come venne soprannominato). La sua vocazione artistica comunque non subì battute d’arresto, anzi si volse in modo più deciso verso la pittura (sia astratta sia figurativa sia informale), sempre caratterizzata da colori brillanti e qualche tocco d’oro “divino”.