Un Bollino Blu invita alla cortesia
La Gentilezza, il senso civico, la disponibilità nel fare spazio a…..
Tutte “cose” che dovrebbero esistere nella testa di ciascuno di noi.
Ma, purtroppo, non è così.
Lo deduciamo ormai dall’abitudine di molti -moltissimi- ad agire nella maniera esattamente opposta e messa in pratica in svariati (o avariati?) “rami” del vivere e in ambiti trasversali.
Al proposito ci è saltato all’occhio un fatto emblematico; da pochi giorni, a Milano, è scattata un’iniziativa dell’ATM -Azienda Trasporti Milanesi- chiamata “Operazione cortesia”. Con essa viene “regolamentata” l’educazione su tutti i mezzi pubblici. Le linee della metropolitana, gli autobus, i tram, i filobus riserveranno infatti alcuni posti segnalati con “bollino blu” -un cartello ben evidente con figure ben rappresentative- alle persone anziane, alle donne incinte, agli adulti con un bimbo in braccio.
Un colore analogo a quello del cielo risveglierà dunque le coscienze, punzecchierà l’anima, ricorderà quel che è doveroso fare.
Sembra quasi un’assurdità richiamare all’attenzione qualcosa (“La cortesia è la grazia dello spirito”, diceva Bergson) che, a rigor di logica e di buon senso, parrebbe -dovrebbe- essere norma acquisita, ma evidentemente se ne è sentito il bisogno.
E, sinceramente, non ce ne stupiamo.
Il torpore che ci invade da tempo in campo di “rispetto”, “garbo”, “buone maniere” nasconde sicuramente “sotto” una traccia di memoria di quel che, come suggerisce il titolo dell’ultimo libro di Barbara Ronchi Della Rocca, “SI FA NON SI FA”.
Stimolarne la “rinascita” è sicuramente cosa buona. E lecita, soprattutto.
“La buona educazione è pronta a riconquistare il mondo. Ce l’avevano presentata come ottusa e obsoleta, incapace di adattarsi al nuovo Millennio, e invece si è presa la rivincita”.
Così leggiamo sul retro di copertina di questo bel vademecum. E ancora, a pagina 13: “I maleducati sono noiosi, fanno sempre le stesse cose. Solo le persone garbate sono una continua meraviglia. Perché sanno essere serie senza perdere il sorriso, sono creative ma non bizzarre, innovative ma non stravaganti, pazienti ma non vittimiste…..”
Si è davvero un po’ stufi del solito tormentone che ritiene anacronistici e -peggio ancora!- inutili tutti quegli atteggiamenti e tutte quelle premure che indicano invece il “semplice” vivere civile o -come piace a noi affermare- la lieve capacità di stare al mondo.
In nome di una falsa libertà -“faccio quel che mi pare e piace”- si manda al macero quella vera -“faccio quel che fa star bene tutti iniziando a coinvolgere me stesso in questo circolo virtuoso”-.
Tutto diventa più “interessante” se compiuto con un gesto definito “gentile” ma che in realtà è soprattutto “giusto”. E che riporta al concetto del “bello e vero” e del “bello e buono” -la Kalokagathia greca è sempreverde, c’entra sempre, non tradisce mai!!-.
E, senza retorica, non c’è cosa che dia senso al nostro essere quanto la sensazione di aver fatto qualcosa di cui possa usufruire benevolmente qualcun altro. Empatia a gogò, mettersi nei panni altrui, costruire relazioni a partire dall’amabilità e dall’accortezza. Lasciare l’egolatria fuori dalla porta. Capire che la strada è solo questa, il “modello unico” è solo questo. Essere ben consapevoli che non è questione di scelta. O di forma. È così e basta. E che, “hic stantibus rebus”, si viene a delineare una sorta di “salvezza” che, imparentata con l’amore, crea ulteriore salvezza e rende universale un sentimento/comportamento destinato solo a contagiare e a diffondersi. Non ingabbiato da regole stantie o da moralismi fasulli, ma apportatore di spazi nuovi e di indicazioni felici. Sì, felici.
Ben venga dunque questa “delicata ma indispensabile operazione” in corso nel capoluogo lombardo. Pronta a far guarire chi è malato di maleducazione in modo cronico o chi non vuole riconoscere di essere affetto da una patologia “curabile”.
Lasciare il posto a sedere a chi è in difficoltà ha infatti un significato simbolico ampio.
Non è solo un gesto contingente -peraltro così facile!-. È capire che c’è un modo per “stare al proprio posto” e per “essere a posto” ben più confortevole che non lo sprofondarsi mollemente su un seggiolino ad ascoltare in modo solipsistico una musica assordante che stordisce le orecchie o a fissare inebetiti il finestrino senza curarsi di chi ci sta intorno. È il “posto” dove sta di casa la buona creanza, in compagnia della sensibilità e della cultura. Ed è un posto dove ci si sente sempre a proprio agio, anche se si è apparentemente scomodi.
Una nostra amica un po’ in là con l’età e molto dotata di humour si è sentita rispondere un ingenuissimo (?) NOOO! -come se per lui fosse “materia” sconosciuta- da un ragazzino a cui aveva chiesto, con tono vagamente ironico, se nel cellulare che compulsivamente stava adoperando non fosse per caso anche scritto che i giovani devono “sempre” alzarsi per far sedere gli anziani…..
Stare in piedi fa crescere, dicevano le nonne.
E non solo in altezza