Un uomo che amava le donne
Azzedine Alaïa amava la moda, non le mode, e l’ha dimostrato seguendo un suo percorso creativo autonomo, facendosi guidare dal suo estro e dal suo straordinario talento sartoriale, senza lasciarsi influenzare da logiche che percepiva come aliene. Se n’è andato nel Novembre 2017 a Parigi lo stilista tunisino 77enne che era uno degli ultimi miti della haute couture francese, un uomo che amava le donne profondamente, con ammirazione e rispetto, omaggiandole sempre con capi raffinati, puliti e allo stesso tempo seducenti, di esecuzione impeccabile. Pensati per ciascuna “dea” nella sua singolare femminilità.
I riflettori si accesero su Alaïa, che veniva da una lunga gavetta presso maison blasonate come Christian Dior, Guy Laroche, Thierry Mugler, improvvisamente nel 1982 per merito di una sfilata a New York, apprezzatissima da pubblico e stampa per gli originali abiti stretch, i rivoluzionari tagli laser obliqui, le numerose zip, le fogge a spirale, sofisticate e super-sexy per esaltare la silhouette (effetto 3D, diremmo oggi), i colori stupendamente basici del nero, del cipria, del bianco. Nel 1984 il couturier di Tunisi venne nominato stilista dell’anno e cominciò ad aprire boutique in tutto il mondo. Poi, nella prima metà degli anni ‘90, intraprese collaborazioni speciali anche con artisti (in primis col pittore e regista Julian Schnabel per il marchio Tati). Amava ripetere: “La mia ossessione è rendere le donne belle. Quando crei con questo pensiero in mente, le cose non possono andare fuori moda”.
Tuttavia Azzedine Alaïa si accorse ben presto di dove stava dirigendosi il fashion system sulla scorta delle sempre più frequenti liaisons dangereuses con la finanza, tanto che egli dichiarò: “Quando Jean-Paul Gaultier ha chiuso il suo prêt-à-porter, ho pensato: ha fatto bene. Come si possono sostenere i ritmi produttivi di oggi? È impossibile essere creativi facendo dieci, dodici collezioni l’anno. Mi fa anche impressione la trasformazione del designer: da stilista è diventato direttore creativo, praticamente una redattrice di moda evoluta che lavora per immagini, non per contenuti, e non c’è più alcuno studio sugli abiti. Forse, se si vuole di nuovo parlare di creatività e innovazione, bisogna tornare indietro. Ma non penso che voglia farlo nessuno”.
Comunque, dagli anni ’80 in poi il successo internazionale gli ha sempre arriso potentemente, fino all’ultima sfilata parigina d’alta moda che risale allo scorso Luglio, dove egli aveva deciso di tornare in grande stile dopo una lunga pausa a seguito della morte dell’amatissima sorella gemella (sua preziosa collaboratrice e sua prima fonte di ispirazione fashion). In effetti, nella seconda metà degli anni ’90, di pari passo col suo abbandono della vita mondana, preferì concentrarsi sulla linea prêt-à-porter, archiviando l’haute couture.
Amico, prima ancora che pigmalione, di tante modelle entrate nell’Olimpo delle passerelle (a cominciare da una giovanissima Naomi Campbell che lo chiamava “papà” e una indomabile Grace Jones che solo lui sembrava capace di “addomesticare”), Azzedine Alaïa incarnò sempre la figura dello stilista outsider, che perseguiva la felicità del suo mestiere con il design accurato, l’abilità del taglio, il gusto per le forme elegantemente innovative. Da Greta Garbo alla baronessa Cécile de Rothschild, le sue muse e clienti rappresentavano la crème dello chic di qua e di là dell’oceano.
Amava l’arte, la scultura in particolare, ma si dilettava anche di studi scientifici, e da queste passioni aveva tratto il senso dei volumi, delle proporzioni, della “anatomia” dei vestiti. Nel 1996 prese parte alla Biennale di Moda di Firenze che per la prima volta portò il mondo fashion al museo; nel 2000 tornò alla ribalta in virtù di un accordo con Prada per la cessione delle licenze, mentre il 2002 fu l’anno della sua rentrée nell’alta moda.
L’eredità materiale e ideale che ci lascia Azzedine Alaïa è copiosa e forse l’apprezzeremo ancora di più con lo scorrere del tempo: “La moda durerà per sempre. Esisterà sempre. Esisterà a modo suo in ogni epoca. Vivi in questo momento”.