Una finestra sull’anno nuovo
Con la gola in fiamme, le membra tutte indolenzite e la fronte che scotta, mi ritrovo malata proprio a Capodanno nel cuore di Madonna di Campiglio. Dapprima me la prendo col destino “cinico e baro” che ha deciso di rovinarmi la “settimana bianca”, poi però l’ira sbollenta (o è la febbre che fa ammosciare?) e mi risolvo a far di necessità virtù: nell’attesa che l’infausta grippe sia debellata a suon di pasticche, mi godrò il tepore della casa in montagna, con la sua stufa a legna un po’ fiabesca, la grazia del cirmolo intagliato, le composizioni floreali essiccate, e poi gli addobbi natalizi, gli aromi di cannella e frutti di bosco.
Subito stanca, però, di contemplare “il cielo in una stanza” (nella fattispecie la camera da letto dove giacevo sotto una pila di coltri, tra vapori balsamici e telefonate apprensive di mia madre), mi trascino in un salottino il cui bovindo dà sul laghetto e, avvolta in un vecchio plaid, mi piazzo un po’ traballante su una chaise-longue che nemmeno con la più fervida immaginazione mi fa sentire Paolina Bonaparte. E guardo fuori.
Archiviati cenoni e danze della notte più stramba dell’anno, in cui almeno per una volta “licet insanire”, i villeggianti dormono della grossa per gran parte del mattino e solo verso mezzogiorno qualcuno fa capolino lungo le vie. Nel pomeriggio, invece, la cittadina si rianima come in un quadro di Brueghel, dove su sfondo chiaro si stagliano mille colori e gesti vivaci dei protagonisti. Là nel cristallino paesaggio fiammingo fanciulli beati pattinano sul ghiaccio, si rincorrono ingaggiando battaglie di neve e scivolano su slittini, mentre i grandi si intrattengono in amene conversazioni, benché il clima non consigli di sostare a lungo all’aperto, o si dedicano ciascuno alle proprie più o meno importanti attività. E un po’ lo stesso si verifica qui a Campiglio, dove peraltro percepisco la “vita” che impazza nella piazzetta, pur non vedendola: ben pochi attendono ora ai propri affari, concentrati soprattutto su svaghi e divertimenti, nonché su un meritato riposo.
Ma è il panorama circostante, alla fine, a rapire definitivamente il mio sguardo: quelle vette spruzzate di neve da cui baluginano spuntoni di roccia e mitici abeti. Sono un vero ristoro, dissetante e vitaminico, per la mia vista ed il mio spirito. Altro non si può chiedere oggi a questo luogo che è di per sé una poesia… Il cielo è boreale, luminoso e puro, anche se il sole è già declinato oltre il profilo dei monti. Resta un alone diffuso rosa e grigio-perla, quasi in un gioco di specchi con l’enrosadira delle Dolomiti. Tutto s’è placato adesso: nessun rumore più giunge dal centro, nessuna azione fa vibrare la scena dinanzi. Nel chiarore di diamante emergono le silhouettes perfettamente definite di case ed alberi bruni, cespugli e luminarie lontane. Azzardo ad aprire la finestra per aspirare il profumo dell’aria del primo giorno dell’anno: è screziato di fumo, dolce e fresco, insieme levantino e silvestre, rivitalizzante. Faccio per scuotere la neve dal vaso di fiori sul davanzale, ma poi la lascio perché mi fa pensare ad una coppa enorme di gelato…
Il sipario della sera ormai è calato su Campiglio e vi riecheggiano soltanto silenzi, sospiri della natura e danze di luci. La gola e le tempie dolgono sempre, ma se è vero che la bellezza è negli occhi di chi guarda (ed io oggi dalla finestra ne ho vista tanta anche senza uscire di casa), forse la salute non è poi così lontana…
Così per l’anno nuovo “Non ti auguro un dono qualsiasi, / ti auguro soltanto quello che i più non hanno. / Ti auguro tempo, per divertirti e per ridere; / se lo impiegherai bene potrai ricavarne qualcosa. / Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare, / non solo per te stesso, ma anche per donarlo agli altri. / Ti auguro tempo, non per affrettarti a correre, / ma tempo per essere contento. / Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo, / ti auguro tempo perché te ne resti: / tempo per stupirti e tempo per fidarti e non soltanto per guadarlo sull’orologio. / Ti auguro tempo per guardare le stelle / e tempo per crescere, per maturare. / Ti auguro tempo per sperare nuovamente e per amare. / Non ha più senso rimandare. / Ti auguro tempo per trovare te stesso, / per vivere ogni tuo giorno, ogni tua ora come un dono. / Ti auguro tempo anche per perdonare. / Ti auguro di avere tempo, tempo per la vita” (Elli Michler).
Allora, la conclusione va lasciata a quell’imprenditore della moda illuminato che è Brunello Cucinelli, il quale in occasione dell’ultimo Milano Fashion Global Summit ha spiegato così il suo approccio “garbato” alla tecnologia dilagante e all’impiego del tempo, nel nome di un “umanesimo gentile”: “L’essere umano è creativo solo quando è in pace con se stesso ed è riposato. Nella mia azienda non voglio che i miei dipendenti siano connessi per lavoro oltre i normali orari lavorativi. Nessuno deve mandare mail di notte, né riceverle. E poi, se posso, prediligo una telefonata, che in pochi secondi risolve moltissime cose, a infiniti scambi di mail che richiedono un tempo maggiore e, soprattutto, generano spesso inutili stress e incomprensioni”.
Non è un buon modo questo per augurare tempo, tempo per la vita?