Una ricerca della Camera Nazionale della Moda e Centrobanca.
“CRESCERE CON L’ITALIAN STYLE. Modelli, strategie e trasformazioni delle imprese italiane del tessile e della moda”, è uno studio realizzato per la Camera Nazionale della Moda Italiana, e Centrobanca dal CENSIS. Lo studio è stato presentato a Milano il 3 aprile u.s con l’intervento di Giuseppe de Rita, Presidente del Censis e Valeriano D’Urbano, Direttore Generale di Centrobanca“Non è facile crescere in un Paese che non cresce. Se il Made in Italy è cresciuto, il merito è degli imprenditori che negli anni di maggiore crisi del settore (tessile-abbigliamento) hanno dimostrato di saper resistere e questo è stato il presupposto per crescere”. E lo hanno fatto mantenendo l’elemento di eccellenza del prodotto italiano sintetizzato dal Presidente della Camera della Moda nell’espressione “Il bello ben fatto”. Con queste parole il Cav. Mario Borselli ha introdotto il 3 aprile u.s. i lavori di una mattinata di riflessione sui risultati di una ricerca.
“CRESCERE CON L’ITALIAN STYLE. Modelli, strategie e trasformazioni delle imprese italiane del tessile e della moda”, è uno studio realizzato per la Camera Nazionale della Moda Italiana, e Centrobanca dal CENSIS. Obiettivo della ricerca: comprendere le trasformazioni che stanno caratterizzando, nell’attuale congiuntura economica, questo importante settore dell’economia italiana, costituito da oltre 97.000 aziende che occupano più di 850.000 addetti, il 12% della forza lavoro nazionale. Lo studio, raccolto in una pubblicazione nei caratteri di Franco Angeli, è stato presentato a Milano con l’intervento di Giuseppe de Rita Presidente del Censis e Valeriano D’Urbano, Direttore Generale di Centrobanca
I risultati dello studi permettono di presentare la ricerca da due prospettive.
La prospettiva della Camera della Moda esprime l’impegno della Camera di interpretare in modo amplio ed estremamente efficace la sua mission. Se suo scopo iniziale, al momento della fondazione, era coordinare e promuove lo sviluppo della Moda Italiana attraverso eventi di alta levatura di immagine in Italia e all’estero, oggi la CNMI si è addossata il compito di contribuire attivamente a migliorare lo sviluppo qualitativo e gestionale del settore: capire i problemi, dare elementi di riflessione e possibili linee di operazione per i suoi soci. Nel contesto in studio il proposito è stato quello di esaminare imprese che in un periodo di crisi del settore, a partire dal 2000 e fino al 2005, sono comunque cresciute; e di determinare quale leve hanno messo in atto non solo per fronteggiare una crisi, ma per crescere nonostante la crisi.
Quali importanza può avere questo? Fondamentale, è stato detto nel corso della presentazione dei dati. Perché l’andamento del mercato ha registrato dopo le difficoltà, una forte crescita. Ma al momento presente (la ricerca si attesta ai dati del luglio 2007) molto sta di nuovo cambiando, i segnali non sono buoni ed ci si chiede ancora come le aziende del settore tessile-abbigliamento potranno far fronte alla nuova possibile onda d’urto.
L’esame dettagliato delle strategie di oltre 60 aziende, di piccola e media dimensione, che si sono distinte per un accentuato dinamismo e che hanno saputo effettuare un riposizionamento in seguito alla perdita di quote di mercati specialmente esteri, ha rivelato prassi interessanti ed originali: sicuramente esemplificative del modo di fare impresa e di affrontare le difficoltà di mercato. Sono stati individuati tre assi di progressione che sono in grado di spiegare la capacità di successo delle aziende in esame : ottimizzazione dei processi gestionali e di produzione; attenzione ai processi dell’area go-to-market; al vertice una classe di manager e imprenditori che ha saputo operare un cambiamento culturale, su se stessi e non solo nell’ azienda, con una visione di mercato che ha tenuto conto della sua complessità. Nella presentazione della ricerca è stato dedicatospazio alla figura dell’imprenditore. E’ stato detto che il successo non sarebbe stato possibile se al vertice dell’azienda non ci fosse stata una classe di manager e imprenditori: a) con una chiara visione di mercato che andava governato ed anticipato; b) in grado di trasmettere valori alla struttura complessiva e alle risorse umane, e capace di attorniarsi da risorse professionali alte; c) e nel caso di aziende familiari, capaci di gestire il passaggio generazionale esigendo un percorso di crescita esigente per il successore ed inoltre fuori dall’azienda.
In sintesi la ricerca pone di manifesto che l’azienda che è cresciuta è stata l’azienda innovativa. Quella cioè che ha fatto innovazione in senso lato operando su tutto il fronte: innovazione creativa di desing/modelli, innovazione dei materiali, ampliamento di gamma; ma anche operando su informatizzazione dei sistemi produttivi, o sul servizio al consumatore; sulla razionalizzazione dei costi e calcolo scientifico del prezzo per contrattare in modo trasparente e lineare,ecc. Su tutti gli elementi messi a fuoco prevalgono tre ambiti:
– Avere reso l’azienda versatile, flessibilizzando la produzione
– Avere ottimizzato le modalità distributive, accorciando il canale distributivo, fino a stabilire un contato diretto con il cliente
– Avere migliorato la logistica per ridurre i tempi di consegna; eliminare il magazzino, riducendo il transit time.
Fin qui alcune delle considerazioni utili dal punto di vista della Camera della Moda.
L’altra prospettiva espressa dal Censis, nell’intervento del suo Presidente, amplia le considerazioni, per offrire al sistema economico italiano un riferimento. Nelle parole di Giuseppe de Rita lo studio è sembrato interessantissimo perché “la minoranza trainante di un settore (le aziende di moda) poteva essere esemplificativa in termini generali”. Il mondo della moda è una realtà di minoranza, ma rappresenta oggi la punta della freccia del modo di fare impresa. Se si considera su quali fattori si è esercitata la “combattività” di tali imprese si capisce che la novità fondamentale è stata nella loro capacità di “creativa combinazione” dei vari fattori di crescita; ma anche nel fatto che si è trattato di aziende familiari che hanno interpretato la creatività come tensione continua a gestire la complessità, cioè come necessità di stare sulla breccia 24 ore su 24 perché ci si giocava la famiglia e il futuro di chi sta lavorando all’interno dell’azienda, ecc.
Il successo, secondo il presidente del Censis, è stato determinato dal fatto che di fronte alla concorrenza di Paesi a basso costo di manodopera e all’ arrivo sul mercato delle grandi catene di distribuzione di prodotti moda, il settore tessile-abbigliamento italiano ha risposto con l’adozione di nuovi modelli e strategie competitive, operando scelte precise che sono state perseguite con determinazione. Tali statergie possono essere sintetizzate in: elezione di nicchia di mercato del superlusso; scelta di mercati differenziati; presenza diretta sul mercato; scelta della qualità dove qualità non è un mito, ma va identificata nella gestione della creatività e dell’innovazione in tutta la filiera. Per quanto riguarda il problema dei mercati, il Presidente del Censis ha elogiato la coraggiosa decisione di queste aziende di abbandonare in modello del mono-mercato,quasi esclusivamente statunitense, per seguire il modello che va configurandosi come polocentrismo di mercato, cioè di un mercato sminuzzato che va monitorato costantemente perché ancora in evoluzione e che comporta un impegno di creatività costante, una continua attenzione. Certamente ciò comporta un meccanismo faticoso, che costringe ad un continuo controllo della situazione ed ad una continua innovazione.
Quanto sopra detto è stato avvallato nel corso della mattinata dalle testimonianze dei rappresentati di alcune delle aziende prese in esame: Vittorio Missoni, Saverio Moschillo; Luigi Zoni; Domenico Menniti.