Uno stile “stiloso”. L’influenza del Sol Levante nella Moda
Da quando nella seconda metà del diciannovesimo secolo il Giappone aprì le sue frontiere all’Occidente, firmando trattati commerciali con gli Stati Uniti e con le altre potenze mondiali, contribuì all’avvento di uno“stile” che conquistò tutti; dame dell’alta società, scrittori , romanzieri ed artisti. Uno stile che oggi definiremmo ‘stiloso’!
L’esotismo giapponese è stato il più grande fenomeno che a partire dal ‘900 ha ispirato la letteratura, la musica, il teatro, l’arte, e anche la moda, cambiandola drasticamente. Grazie ai movimenti d’avanguardia rappresentati da personalità innovatrici ed anticonformiste, l’entusiasmo per qualsiasi cosa appartenesse a terre lontane, soprattutto al Giappone, invase ogni campo espressivo. Da quel momento l’Oriente ha sempre prodotto sull’Occidente una fascinazione costante, sia nella mutevolezza delle forme che assume, sia nel dialogo ricorrente tra moda e arte.
Chi non è rimasto ammaliato e sedotto dalla sensualità esotica risvegliata dalla Giapponese di Monet, dalle Ragazze con kimono di Breitner o dalla Signora con ventaglio di Gustav Klimt!
Il Sol Levante e la sua attrazione irresistibile, amplificata da leggende romanzate attorniate da misteri, bellissime geishe, katane e samurai, enfatizza e interpreta quella ricerca di stilemi e stravaganza che inevitabilmente seducono il mondo della moda declamando una vera rivoluzione giapponese nella Haute Couture.
Un fenomeno quello del “giapponismo” che ha segnato profondamente il rinnovamento nell’estetica occidentale e conseguentemente le tendenze e lo stile. L’originalità dell’iconografia orientale dal gusto raffinatamente artistico e armonioso e dalla visione piacevolmente femminile ha saputo imprimere il proprio segno artistico alla moda, soprattutto nell’uso del colore e dell’accordo dei tessuti in una fusione intrigante e coinvolgente.
Il gusto asiatico per i tagli e i drappeggi, per gli splendidi ramages, per i bouquet floreali o per le stampe irreali e suggestive, corre senza eccezione nelle collezioni del pret-à-porter e dell’haute couture da sempre. A partire dall’innovatore parigino Paul Poiret in piena era decò, passando per Chanel, Saint Laurent, Cardin, Mila Schön, Fendi, Ferrè, Krizia, Armani, Prada. L’impeccabile e raffinata ricercatezza nell’abbigliamento, nei ricami dei tessuti, negli accessori e nelle acconciature, ha reso celebri ed immortali alcuni abiti che hanno fatto la storia del costume, come la collezione autunno/inverno 1971 “Kimonomania” di Ken Scott che presentò cappotti in seta nera ricamati con maschere del teatro tradizionale giapponese.
L’abito, in quanto passeggero e portabile è senz’altro la forma d’arte più suscettibile alle conoscenze, all’estetica e alle influenze di paesi lontani e, la moda occidentale – soprattutto a partire dalla sua affermazione quale simbolo della società industriale moderna – è stata influenzata in modo pervasivo da altri modi di vestire, in una relazione costante tra distanza e attrazione, ammirazione e manipolazione. Delle suggestioni d’oriente essa ne ha adottato gli ornamenti, preso in prestito le stoffe e rivisto le fluidità delle linee contagiandole con audacia e aggiungendo alla forma europea il mitizzato fulgore del Levante, con un nuovo, disinvolto, spesso acritico superamento delle distanze.
Il linguaggio della contemporaneità veste kimono, cinture obi, colletti alla coreana, giacche destrutturate e minimal, tessuti dipinti e stravaganti hakama. Gli stilisti guardano all’Oriente ed impongono le loro rivisitazioni come outfit, generando, anche nella moda, il culto orientale in una contaminazione dal gusto moderno e innovativo.
La mostra “Giapponizzati. Racconti di un viaggio di moda” è l’occasione per valutare un luogo che aprì agli intellettuali e agli artisti un mondo lontano seducente ed intrigante con le sue storie e i suoi miti. Un corpus dettagliato di orientalismo chimerico che evoca costumi e scenari distanti legati alla colonizzazione ma soprattutto all’immaginazione e alla fantasia che si evolve e si amplifica in una visione talvolta più temeraria e impudente, talvolta più idealizzata e addolcita per una moda ed una cultura contemporanea e globalizzata.
Affascinante e raffinata, la scenografia ‘naturale’ delle sale appena restaurate del Castello di Santa Severa a Roma che offre un percorso narrativo di impatto e che si palesa nel prestigio delle forme dei costumi storici e delle visioni contemporanee dai lineamenti marcati e distintivi degli stilisti, tra cui spiccano Antonio Marras, Guillermo Mariotto per Gattinoni Couture, Comme des Garçons, Maurizio Galante, Issey Miyake e Yohji Yamamoto.
Tra sartorialità e background di mondi distanti, tra scelte coraggiose di colori e decorazioni, tra folklore e leggenda, si svolge questa rassegna curata da Stefano Dominella. Un bellissimo percorso di sovrapposizioni culturali riunite nell’involucro fugace ed effimero quanto affascinate ed incantevole del costume.
Dove: dal 26 ottobre 2017 al 15 gennaio 2018 presso le prestigiose sale del Castello di Santa Severa a Roma.