Un’occasione preziosa…
In una scuola superiore di un’importante città del nord Italia, così scrive una giornalista di una famosa testata, la prossima settimana verrà dedicata una giornata intera ad un tema vagamente demodè ma che a noi di Imore e naturalmente dell’ Associazione Moda e Modi sta molto a cuore: l’eleganza e l’educazione che, anche attraverso di essa, si può apprendere e coltivare. I ragazzi indosseranno giacca e cravatta, le fanciulle gonne e camicette impeccabili. L’articolo che annuncia tale “evento” sottolinea come, in effetti, spesso etica ed estetica possano andare a braccetto e che avere modi educati e rispettosi verso gli altri, espressi appunto tramite l’eleganza della persona nel suo complesso, possa risultare vincente.
Forse qualcosa si muove davvero, mi sono detta trasecolando!!!! Si parlerà di moda, in un liceo, a partire dal concetto che “l’eleganza è sempre di moda”. Non mi sembra vero!!!
Abbiamo sempre affermato come non sia impresa facile trasmettere canoni tradizionali ai giovanissimi che, nelle divise del “gruppo”, si riconoscono e si identificano ma, da quel che si respira nell’aria, forse si sta di nuovo insinuando l’idea che i nostri ragazzi chiedano aiuto, cerchino regole, sognino e desiderino ordine, norme, rigore. Forse hanno bisogno di quei paletti che, soli, possono rendere la loro forsennata vita più armoniosa e serena, più atta ad esercitarsi nei rapporti intersoggettivi. Con garbo.
Il gusto è sicuramente qualcosa che si coltiva attraverso la disciplina sociale e, iniziare presto a sensibilizzare in tal senso, pensiamo non possa che fare bene. Comprendere le ragioni estetiche del nostro tempo, anche a partire da quel che si indossa per uscire di casa, riteniamo sia utile, per non dire necessario.
L’educazione al bello può allora diventare un’autodisciplina e un obiettivo da perseguire (Gillo Dorfles, ritenuto uno dei più eclettici e curiosi personaggi della cultura contemporanea e sulle cui opere si incentra una mostra milanese a Palazzo Reale, persegue da un secolo questa teoria).
Cercare, senza cadere in esagerazioni, di interpretare uno stile senza seguire pari-pari i diktat innumerevoli che ci perseguitano, può diventare una risorsa che, affacciandosi poi nel mondo del lavoro, si trasformerà in quella ricchezza vera che si chiama personalità.
Tanti in realtà sono i segnali indicatori del fatto che, senza fare della retorica, “forse stavamo meglio quando stavamo peggio”.
I “ritorni alle origini” affascinano e incuriosiscono. Il “downshifting” entra nell’immaginario. Negli Stati Uniti si richiedono per i cast cinematografici persone naturali e non sottoposte a ritocchini vari (che ormai anche tra i giovanissimi imperano). In molte aziende si tengono lezioni di “dress code” per i propri dipendenti. In parecchie scuole l’indecenza è penalizzata. I corsi di bon-ton fioriscono ovunque. La “nouvelle-cuisine” lascia di nuovo il posto ai piatti della tradizione. Il bello non trascende dal ben fatto. Gli stilisti, anche i più innovativi o i più trasgressivi, recuperano dagli archivi storici idee per rivisitare e riproporre, aggiornandoli, modelli collaudati e che hanno già fatto storia. I vecchi film incantano e trasmettono quiete e questo vale non solo per i “matusa”. Le fiere e le mostre del vintage prolificano come nonmai. I raduni di auto d’epoca attirano moltissimo e pare che questo mercato sia in grande espansione e tutt’altro che retrò.
Proprio pochi mesi fa, dopo avere visitato un’esposizione di vecchie automobili (mantenute, tra l’altro, con meticolosa cura e precisione), ho provato sorpresa e stupore nel vedere la reazione di mia figlia appena adolescente; all’inizio era apparsa infatti disinteressata e quasi annoiata, con pochissimo desiderio di capire o di conoscere, e questo fino alla fine del percorso; il giorno dopo, però, mentre a piedi percorrevamo una via trafficata, è sortita con questa affermazione: “Mamma, certo che, tra cinquant’anni, di tutte queste auto che vediamo in giro oggi, non resterà nulla. Nessuna è bella come quelle viste ieri, nessuna così elegante, così curata, così affascinante””¦”¦.
Tutto dunque passa, anche semplicemente a livello sub-liminale, se stimola qualcosa di endogeno, qualcosa che è radicato nella natura umana.
E se, come scrive Mancuso nel suo fortunatissimo – La vita autentica -: “L’esistenza è bene e non male, è meglio essere nati piuttosto che non essere nati, la legge dell’essere è la relazione ordinata cioè il bene e la giustizia e non il caso e la necessità” o se, come afferma Bauman nel suo straordinario – L’arte della vita -: “Ognuno di noi è artista della propria vita, che lo sappia o no, che lo voglia o no, che gli piaccia o no. Essere artista significa dare forma e struttura a ciò che altrimenti sarebbe informe e indefinito. Significa manipolare probabilità. Significa imporre un ordine a ciò che altrimenti sarebbe caos”, ben vengano iniziative come quella presa dal preside di questa scuola che, sulla scia del concetto greco del καλός και αγαθός (il bello e il buono), vuole instillare nei suoi giovani studenti, a partire dal microcosmo della sua realtà, quei valori etici che si nutrono anche a partire dal senso apparentemente superfluo e frivolo della pura estetica.
Rendere gradevole il nostro aspetto anche attraverso l’abito sottende infatti un amore per la cura, quella cura che si esprime anche quando rendiamo bella la nostra tavola per mettere a proprio agio un ospite, o quando aggiustiamo il sale ad una pietanza per renderla più gustosa al palato di chi la gusterà, o quando sistemiamo meglio la punteggiatura di una relazione per far sì che risulti più leggibile e fluida per chi la esaminerà.
Tutto questo con l’intento che vengano facilitati i rapporti con gli altri, instaurando quella che oggi viene chiamata”intelligenza sociale”.
E, per dirla come Mickey Mouse: “è tutto così complicato, che la soluzione deve essere per forza molto semplice”.
L’iniziativa della scuola milanese non può che essere lodata. Ci auguriamo che sia ripetuta e che trovi il consenso dei genitori.
Perchè non ripeterla in tutte le scuole?
Cpome genitore plaudo all’iniziativa, e mi auguro che serva di esempio per altri licei