Vera Vacanza
“Il gommone scivola placido sull’acqua. I bambini giocano sulla spiaggia. Una tartaruga si lascia osservare da una famiglia che ha scelto di trascorrere la notte in tenda lì vicino. Una notte speciale…barbecue, chitarra e tanta avventura. Un ragazzo abbandona per un attimo il suo i-pad scrutando l’orizzonte: diviso tra speranza e timore non vuole perdersi il salto di un delfino o la pinna di uno squalo. Il silenzio è rotto dal fischio acuto di un uccello esotico. Due innamorati tubano nell’acqua, tiepida e linda. Sulla sabbia non c’è una carta, tutto è pulito, sembra che qualcuno abbia appena passato la cera. È tutto perfetto, o meglio, sarebbe tutto perfetto. Se non fosse tutto finto: ci troviamo in uno spazio definito, la sabbia distribuita lungo quei 600 metri è vera, ma quella spiaggia non è mai esistita; ed è finto anche il mare, una grande piscina con il riciclo continuo dell’acqua; sono vere le emozioni del bungee jumping, quelle della partita di beach volley, ma è finto il cielo stellato, ricavato dallo sfondo di un capannone; è vera la carne alla griglia, ma la carbonella è elettrica; non ci sono scooter d’acqua né animali pericolosi. Siamo alle porte di Berlino, dove è diventato realtà il sogno di un imprenditore di Singapore. Il suo Truman show fa contenti centinaia di turisti. Ormai ne sorgono un po’ ovunque e chi li apre fa affari d’oro. Un amico, di ritorno da Dubai, mi ha appena mostrato le foto della famosa, enorme palma artificiale, circondata dalla sabbia (trasportata lì appositamente) e da centinaia di casette, raggiungibile con un’autostrada a quattro corsie. Presto sarà la volta di nuovi arcipelaghi, ancora più grandi, per ora i turisti si devono “accontentare” dell’hotel Atlantis, con i grandi pesci in gabbia, il suono del mare (finto) in sottofondo ed una cascata di perle di vetro: il mondo delle favole da toccare con mano. Ricordo un mio viaggio di tanti anni fa in Messico. Ero andato a Cancun e avevo sbagliato tutto. Se cercavo un po’ di Messico, quello non era certamente il posto che faceva al caso mio. Così com’è inutile cercare l’India a Kerala e la Thailandia nei villaggi turistici: quella è cultura falsa per affari veri. Questa è la semplice verità, come direbbe Emerson. Non
giudico chi si diletta a sciare in quell’hangar in Arabia Saudita. Ma quelle che per qualcuno sono deliziose destinazioni di svago e relax, per me sono orribili non-luoghi. Senza scomodare Sigmund Freud, vado a rileggere una delle mie poesie preferite, scritta da W. Blake: to see a world in a grain of sand, and a heaven in a wild flower. Vedere il mondo in un granello di sabbia, e il paradiso in un fiore selvatico. Tenere l’infinito nel palmo di una mano e l’eternità in un’ora. Come dire? William, salvaci tu”.
Ho voluto riportare pari pari quanto mi scriveva di recente l’amico Michil Costa, noto albergatore-ristoratore-intellettuale di Corvara in Val Badia, perché la penso anch’io così. La rigenerante levità della vacanza va cercata nella “verità” dei luoghi e delle persone, non nella fiction turistica: in termini diversi, ma sostanza medesima, lo spiegava benissimo sul “Sole-24 Ore” alcuni giorni fa pure l’eminente Arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte.
Tutti abbiamo bisogno di un tempo di vacanza (per quanto breve possa essere), ossia di ristorarci nello spirito e ritemprarci nel corpo, per poi affrontare meglio il lavoro, gli impegni quotidiani, la vita tout court. Ma affinché questa pausa, questa “evasione”, ci sia di reale giovamento, è necessario che sia all’insegna della leggerezza, un concetto questo ben lungi dall’idea di vanitas e piuttosto sinonimo di veritas, come già sosteneva S. Agostino. L’una è mera apparenza, inane svago, mascheramento dei problemi; l’altra è ricerca dell’essenziale, è riscoperta di relazioni importanti, è ripresa di dialoghi interrotti, è disponibilità all’ascolto, all’incontro con gli altri, con la natura, con l’arte, con la bellezza, con il silenzio. E’ solo da questa “riconciliazione” con il mondo e con noi stessi che possiamo trovare la pace autentica, ciò di cui abbiamo veramente bisogno per stare bene.
Non serve a nulla “andare”, sforzarsi di dimenticare le proprie pene, illudersi di poter essere felici “fuggendo” dalla realtà quotidiana. Sempre Agostino affermava che occorre piuttosto tornare in se stessi – “in interiore homine habitat veritas” – e riflettere su ciò che vale di più, sul senso autentico dell’esistenza, sui rapporti che la rendono preziosa e degna di essere vissuta. “Si tratta non tanto di cambiare luogo, quanto di cambiare dentro, purificando il nostro modo di vedere le cose e di viverle” scriveva Mons. Bruno Forte, il quale citando Italo Calvino aggiungeva che occorre “guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica…”. La leggerezza, precisava poi l’Arcivescovo, “sfronda la vita dall’inessenziale, punta al centro e al cuore di ciò che conta, non fugge le domande vere, ma ama porsele per pensare alto e per cercare in alto”.
Ecco, ci sembra quindi di poter concludere che la vera vacanza è un tempo “veramente” lieve, di balsamico raccoglimento e di silenzio rigenerante, di luminosa sapienza e soprattutto di puro amore per sé e per gli altri.