Viani all’improvviso. Alla riscoperta dell’originale pittore viareggino
Un originalissimo pittore, ma anche scrittore, che merita di essere riscoperto sempre più e valorizzato, per l’interesse intellettuale ed estetico, oltre che umano, rivestito nell’arte moderna italiana.
Lorenzo Viani, nato a Viareggio nel 1882 e morto di asma a soli 54 anni al Lido di Ostia nel 1936, fu uno squisito bozzettista di impronta ottocentesca, acuto e attento osservatore della realtà – sociale e ambientale – poi profondamente ispirato dal soggettivismo tedesco.
Sin da ragazzo subì il fascino anarchico di personaggi ribelli e rivoluzionari che lo portò ad allontanarsi ripetutamente da casa. Fu soprattutto un autodidatta, anche se studiò all’Istituto di Belle Arti a Lucca, in seguito frequentò l’ambiente post-impressionista a Parigi e il milieu liberty, ricevendo in patria gli incoraggiamenti di Giovanni Fattori e Plinio Nomellini sotto l’egida del miglior divisionismo toscano (incassando tuttavia le ironie di Giacomo Puccini, che pure Viani stimava). Ma il libertario Viani fu sensibile soprattutto alle suggestioni crude e disperate dell’espressionismo mitteleuropeo, più vicine al suo temperamento malinconico e incline alla commozione.
Il suo sguardo pittorico e poetico si soffermò sempre sugli umili – con le loro misere vite fatte di stenti, malattie, talvolta carcere, pazzia, solitudine -, i paesaggi solitari, la campagna desolata, le spiagge versiliane, le Alpi Apuane disegnate con geometrie à la Cézanne, i barconi abbandonati, tutti resi con ritmo serrato, toni cromatici basici, contorni scuri che strutturano la composizione con un disegno semplice ed essenziale, pennellate rapide e decise.
Quello che fa di Viani un maestro degno di interesse è la capacità di far scorrere su binari paralleli, nelle sue opere, pathos tragico e dolcezza lirica, ma con un approccio sobrio e misurato. Esposto in molte gallerie d’arte, Viani è apprezzato soprattutto per la sua narrazione audace di esistenze ed episodi in apparenza insignificanti, ma allo stesso tempo eccezionali, con una sorta di sensualità visionaria e un istinto affabulatorio che lo portano a fondere arte e vita, realtà e immaginazione, facendo risaltare la forma con la matericità del colore.
Lorenzo Viani si fece ammirare anche per le sue qualità letterarie: impregnato di decadentismo dannunziano, compose racconti dal forte tratto autobiografico, reportage di viaggio ante litteram, pagine diaristiche, una biografia del poeta apuano Ceccardo Roccatagliata Ceccardi (conosciuto nella redazione fiorentina del Popolo), comunque prediligendo sempre soggetti popolari, di cui esaltò sempre l’estrema dignità, con un linguaggio che indulge al vernacolare (da sottolineare come nei suoi scritti emergano sovente le figure dei Vàgerì, i giramondo della Versilia, espressione della sua tensione ideale verso l’avventura).
Degno di menzione è che nel 1922, per celebrare il centenario della morte di Percy Bysshe Shelley (avvenuta a Viareggio), Viani fu richiesto di curare un’edizione monografica dedicata al grande poeta inglese (alla quale collaborò persino il Vate Gabriele D’Annunzio).
Come pittore il successo gli arrise soprattutto nell’ultimo periodo della sua non lunga vita, allorché ebbe occasione di farsi conoscere alla Biennale di Venezia e in altre prestigiose sedi (a Villa Paolin di Viareggio fu addirittura presentato da una intellettuale di rango quale Margherita Sarfatti e salutato da un discorso di Filippo Tommaso Marinetti).
Ci piace ricordare, infine, che è stato recentemente pubblicato per i tipi di Ets-Mousai l’interessante libro di Ettore Rotelli, noto politologo ed esperto d’arte, “Epidemia all’improvviso. Lorenzo Viani a Parigi (2019-1910)”, in cui l’autore, oltre a tracciare la vicenda umana e artistica del pittore viareggino, descrive le circostanze che lo hanno portato alla corretta collocazione temporale del dipinto apparso nel 2019 ad un’asta milanese, per un gioco del destino proprio alla vigilia di quella che sarebbe diventata una delle epidemie più letali e diffuse su scala globale. Rotelli ha esattamente identificato l’opera con quella “Epidemia” presentata da Viani a Parigi nel 1910 al Salon d’Automne. Si tratta di una composizione (carbone, tempera, olio su tela, cm 90×136,5) di notevole drammaticità, resa con colori terrei, cupi, inferi, che conferiscono alla scena già intrisa di disperata mestizia una patina tragica, che forse solo la preghiera degli oranti in lacrime può attenuare e redimere.