Dalle stelle alle passerelle, la parabola del compianto David Bowie
In mezzo secolo di carriera David Bowie, scomparso il 10 Gennaio scorso a 69 anni, non è stato solo un protagonista della scena musicale planetaria, ma ha influenzato profondamente anche il mondo della moda (spesso lasciandosene influenzare a sua volta).
Il “Duca Bianco”, come era soprannominato in Italia (da una canzone del 1976 contenuta nell’album “Station to Station”), si è deliberatamente trasformato in un’icona di costume con le sue scelte stilistiche eccentriche e anticonformiste ai limiti del dandysmo, comunque mai scevre di una certa eleganza e di un’intrinseca coerenza, sebbene talvolta scandalose agli occhi dei più. Così, non di rado ha finito per anticipare, se non dettare, i trend di moda, primo fra tutti il look androgino, o meglio a-sessuale, che ora impera, costruito a colpi di paillettes, calzature con le zeppe, trucco raffinato esaltato da glitter, mascara e sopracciglia depilate.
Sin dagli esordi fu evidente il suo legame di reciproca attrazione con il fashion system, tanto che volle la modella Twiggy per la cover dell’album “Pin ups” del 1973. Egli stesso accettò nel 2013 di fare da testimonial a Louis Vuitton. E poi non si dimentichi il suo lungo e felice matrimonio con la top-model somala Iman, che gli è stata vicina sino alla fine prematura (per un male incurabile).
Il mondo della moda l’ha anche omaggiato con varie mostre, tra cui quella dedicatagli dal Victoria & Albert Museum di Londra nel 2013 (titolo: “David Bowie is”), che ha suggestivamente rappresentato la visione estetica del grande artista inglese, sperimentatore curioso, intelligente e instancabile, tanto da eccellere come cantautore, polistrumentista, attore, compositore e produttore discografico. Anche lo stilista Paul Smith, che aveva collaborato con lui per diversi album, compreso l’ultimo “Blackstar”, uscito pochi giorni prima della morte, lo aveva celebrato con due T-shirt in limited edition, una bianca e una nera, realizzate insieme al graphic designer Jonathan Barnbrook.
Amico di creativi destinati ad assurgere all’Olimpo delle passerelle come Yohji Yamamoto o Alexander McQueen, ma anche appassionato frequentatore di mercatini in cui scopriva abiti e accessori non convenzionali, Bowie riuscì a rendere ogni sua “rivoluzione” un successo, imponendo la propria immagine di ragazzo che con nonchalance indossava pantaloni rosa e abiti femminili, orecchini chandelier e giubbotti di cuoio, sempre sfoderando uno sguardo in apparenza glaciale e imperturbabile, ma che in realtà voleva solo sfidare i benpensanti, costringendoli a riflettere su nuove idee e nuovi percorsi.
I suoi look hanno ispirato persino il “nostro” Giorgio Armani, Jean Paul Gaultier, Dior, il cui direttore creativo, al tempo Raf Simons, decise di focalizzare proprio su David Bowie la haute couture P/E 2015. ”È un camaleonte, capace di reinventare se stesso, ma è anche la materializzazione di qualcos’altro, più che un uomo è un’idea” disse di lui lo stilista belga. Per Bowie, in sostanza, gli abiti erano un potente mezzo di espressione identitaria, un linguaggio formidabile per comunicare la propria individualità nel modo più diretto, creativo e ardito.
“L’uomo venuto dalle stelle” (era anche chiamato così in quanto autore del celebre brano “Starman”, nonché interprete del film “The Man Who Fell to Earth”), dotato di straordinario carisma e forza mitopoietica, è riuscito così a trasformarsi – ancora in vita – in una leggenda: un mito che non cesserà mai di fare tendenza. Infatti, prevediamo che corsi e ricorsi storici della moda proporranno ancora il suo classico zoot suit (con lunga giacca a spalle larghe e pantaloni a vita molto alta: abbigliamento caro a molti jazzisti di ascendenza afro) ovvero il completo formale da uomo ispirato agli anni ‘40, i pantaloni a gamba larga con piegoline modellanti a cucitura interna, la giacca abbottonata come un comodo kimono, le camicie stampate con cravatte regimental e classiche bretelle, o in alternativa un vaporoso foulard di seta al collo, le scarpe in morbida pelle monkstrap, casual ma con classe.
Dunque ricorderemo David Bowie, oltre che per il suo eccezionale talento musicale rock (e non solo), per la portata che ebbe sulla storia del costume, ma forse ancor di più per il coraggio che dimostrò nel rompere gli schemi dispensando libertà di pensiero.
”There’s a starman waiting in the sky, / he’d like to come and meet us / but he thinks he’d blow our minds…”