La bellezza torna ruggente
Chissà se è un nuovo anelito di liberazione del corpo (e non, piuttosto, un mero riciclo storico) il ritorno in auge degli anni ’20 in passerella. Fatto sta che la moda della primavera 2012 sarà “posseduta” dallo spirito degli Anni Ruggenti: “anni folli”, come vennero battezzati in Francia, con la musica del Charleston in sottofondo, i boa di piume svolazzanti al collo di signore avvolte in abiti di georgette impreziositi di ricami grafici dai bagliori argentei, a cui il film “Metropolis” di Fritz Lang (1927) aveva indubbiamente fornito motivo di ispirazione.
A fiutare il trend per primo, pare essere stato il grande schermo con il geniale Woody Allen (e la sua costumista Sonia Grande) che ha appena girato “Midnight in Paris” (in Italia dal 2 Dicembre), dove si narra di un giovane scrittore che si perde nella capitale francese del giorno d’oggi”¦ e si ritrova nei Roaring Twenties appunto, tra artisti dell’epoca come i pittori Picasso e Dalì o gli scrittori Hemingway e Fitzgerald.
Ma ad aprire le danze dello stile è stato soprattutto il Brooklyn Museum che fino al 29 Gennaio ospita la mostra “Youth and Beauty: Art of the American Twenties”, dedicata all’arte del tempo. La rassegna comprende 140 opere tra quadri, sculture, stampe, foto di incredibile suggestione, come quella scattata alla diva del muto Gloria Swanson dall’ungherese Nickolas Muray o uno dei primi nudi di Imogen Cunningham. Tra i dipinti ci hanno colpito una tela dell’italiano Luigi Lucioni raffigurante il “look” dei ragazzi d’allora e un quadro di Thomas Hart Benton che ritrae se stesso a torso nudo e la moglie in costume da bagno sulla spiaggia.
In tutto 68 autori-cult – da citare anche Edward Hopper, Georgia O’Keeffe, Charles Demuth, Edward Weston, Alfred Stieglitz, Yasuo Kuniyoshi, Gaston Lachaise, Aaron Douglas, Gerald Murphy – i quali tra la fine della I Guerra Mondiale e l’inizio della Grande Depressione hanno saputo cogliere gli stimoli per fondare un realismo moderno, che fa trionfare l’immagine di un corpo liberato, mentre sul fondale passa la trasformazione urbana e ambientale provocata dallo sviluppo industriale, dall’affermazione della cultura della macchina e del taylorismo come modalità organizzativa del lavoro (con i suoi effetti alienanti sulla vita umana). Curata da Teresa Carbone e Andrew W. Mellon, l’importante esibizione newyorkese ben documenta il difficile lavoro degli artisti della Jazz Age alle prese con l’esperienza del mondo moderno, in cui trovano ragioni di speranza e fiducia unicamente nelle potenzialità dei giovani e nel valore della bellezza.
Le stesse ragioni di speranza e fiducia in quegli ideali vorremmo recuperarli anche noi oggi (allorché più che mai mala tempora currunt) e chissà se basterà una moda all’insegna degli Anni’20 a farsene ambasciatrice. Comunque, la prossima primavera vedrà il revival di abiti e accessori degni di dive alla Louise Brooks, destinati a diventare feticci anche ai nostri giorni. Ad esempio Francisco Costa, direttore creativo di Calvin Klein, ha proposto abiti retrò di seta a svasatura morbida, lunghezza a metà polpaccio, scarpe con cinturino alla caviglia, mentre Frida Giannini per Gucci ha pensato ad una moda un po’ architettonica, scolli a V, preziosi ricami dorati cuciti sulla seta, scarpe con i lacci, cappellini a campana; e Ralph Lauren sembra aver attinto a piene mani al guardaroba della Daisy del Grande Gatsby, con mises in lungo, tulle arricchito di perline d’argento, piume all’altezza delle gambe, boa di struzzo, calzature stilizzate lavorate all’uncinetto.
Insomma, c’è voglia di “ruggire” ancora al futuro, con rinnovata fede nella gioventù e nella bellezza!