La magia del bianco d’inverno
by Simona Bersani
Algido, essenziale, cristallino, assoluto, evocatore di immagini rarefatte e poco definibili…..
Questa potrebbe essere la descrizione del non – colore per eccellenza: il bianco.
Ma, proprio perché dentro di sé racchiude invece tutti i colori, apre le porte ad una miriade di definizioni diverse.
Ricco, pieno, soffice, donante, leggero, delicato, impalpabile, luminoso, accecante, …. come il latte, come la nebbia, come le opaline, come la neve.
Evocatore di immagini, abbiamo detto.
Evocatore di ricordi.
In questi giorni viene voglia, infatti, di uniformarsi al paesaggio – così ovattato – e di vestirsi, di coprirsi, di bianco, appunto, quasi a voler ritrovare atmosfere retrò, legate al desiderio di purezza, di incanto, di magia, di poesie che sembrano quadri.
Ecco allora che, dall’armadio, ripeschiamo con infantile euforia i bei maglioni tricottati a collo alto, i pantaloni di velluto a coste color burro, i guanti a muffola di pelle candida, vagamente anni sessanta.
Un cappotto a vestaglia lungo e avvolgente, in un tessuto morbido e sofisticato, ci farà dimenticare, con la sua propositiva bellezza, la paura di inzaccherarci nello sfiorare un’auto parcheggiata.
Al diavolo!!! Lo porteremo in tintoria.
Un piumino in materiale pseudo-lucido (sottolinea l’effetto abbagliante), fornito di cappuccio con bordo di pelo anch’esso immacolato, darà una sensazione di cocoon incredibile, oltre ad esaltare l’incarnato che, complice anche il freddo, si accende e risulta più naturale.
In un abito bianco tagliato a trapezio, la purezza delle forma ben si adatterà alla purezza del colore e, se avremo il coraggio di mettere al bando per una sera il solito tubino nero, ci alleggeriremo, indossandolo, anche nell’umore.
Cosa dire poi del bianco totale che avvolge una sposa d’inverno ?
Forse perché la mia mamma si è sposata a dicembre e il suo abito in mussola di lana bordato di marabù lungo appena sotto il ginocchio, secondo la moda degli anni cinquanta, si è fissato indelebilmente nella mia mente.
Forse perché una sposa con un colbacco calato sugli occhi o con una mantellina di pelo appoggiata sulle spalle risulta semplicemente più originale e fuori dagli schemi – che meraviglia il taglio della torta davanti ad un camino con tutti gli amici che brindano con un calice di corroborante passito rosè (ne esiste uno chiamato “poesia d’inverno”) -!!!
Forse perché un cappotto di astrakan bianco dalla foggia a uomo visto durante una sfilata mi ha sbalordito per la sua secca linearità contrapposta alla morbidezza dei fantastici bucaneve che formavano il bouquet.
Forse per mille altri motivi la bellezza delle spose invernali mi stupisce e mi affascina.
Il freddo ? Non si avvertirà !!!
Troppi accessori non serviranno. Come può temere le basse temperature una “regina delle nevi” ?
A questo proposito, mi viene in mente un’affermazione che fece Laura Biagiotti, indiscussa amante del bianco in tutte le sue declinazioni, durante un’intervista.
Disse: “io subisco il fascino della magia e questo colore è ricco di energia positiva, è il colore delle fate…. così, forse inconsciamente, cerco di trasmettere anche agli altri, attraverso i miei abiti, questo minimo messaggio estetico di serenità che ho trovato per me stessa”.
Dunque, colore delicato ma anche forte, perché caratterizza; colore etereo ma anche deciso, perché differenzia; colore che crea sensazioni di freschezza, sotto un sole cocente, ma che è pronto a cullare, a scaldare, a coprire, quando impera il gelo.
Abbiamo sempre detto che lo stile è anche pulizia: nelle linee, nelle forme, nei colori.
Ricordate la bellissima Marlène Jobert in quello splendido film degli anni settanta “L’uomo venuto dalla pioggia” ?
Probabilmente per addolcire una trama dai toni così misteriosi o per rischiarare delle immagini dai colori così cupi, lei era sempre vestita di bianco, dalla prima all’ultima inquadratura.
Pochi orpelli, poche sovrastrutture.
Solo desiderio di luce.