L’accessorio femminile ai Musei Mazzucchelli
In quel di Villa Mazzucchelli a Ciliverghe di Mazzano alle porte di Brescia è allestita fino a metà novembre una mostra molto interessante.
Si tratta di accessori appartenenti al periodo inizio 1900 fino al 1970, incorniciati, archiviati e abilmente esposti dalla quanto mai poliedrica e attenta direzione museale.
“Abbiamo in archivio 5000 pezzi datati inizio settecento fino alla nascita dell’alta moda nel primo novecento. In questa esposizione ci sono accessori unici, perfettamente conservati, ancora portabilissimi di varie epoche e alcuni abiti di Gianfranco Ferré provenienti da una collezione, avuta con un colpo di fortuna, di quasi 200 pezzi esclusivi”, mi dice Pierangela Germignani Vice Presidente e A.D. con una punta d’orgoglio, e prosegue: “Sto lavorando per aprire altre sale, altri spazi disponibili per mostre ed eventi, compreso il favoloso giardino di cinquantacinque mila metri quadri. Organizziamo avvenimenti e spettacoli teatrali, cene, laboratori, esposizioni tematiche. Molta fatica e tanta passione che viene ripagata sempre dal consenso e dal successo delle nostre proposte”.
Una donna che viene dal mondo dell’imprenditoria Pierangela, che ha messo a disposizione le sue capacità e la sua creatività per valorizzare e incrementare questa realtà.
Infatti incorniciati come quadri d’autore, i capolavori della moda, mi appaiono uno dopo l’altro, nel loro seducente splendore.
Scarpe décolleté in crepe di seta, di lucertola, con tacchi in plexiglas, di velluto, di cady di seta o con passamanerie dorate, borsette di raso e piume di struzzo, cappelli a cupola e toque con penne di fagiano o ciuffi di aigrette, stole di shantung e boa di marabù, preziosissimi bustier ricamati a mano dai colori pastello, anelli, collane, portacipria e ombretto, guanti, sciarpe e foulard di foggia e disegno esclusivi.
Ebbene, per chi pensa che l’accessorio sia cosa futile o di poca importanza, questa splendida carrellata sembra proprio dimostrare il contrario.
Certo occorre bilanciare, armarsi di gusto e geniale raffinatezza, per non rompere l’equilibro, per usare quel sapiente disincanto che altro non è che il “saper scegliere”.
Mai troppo, mai nulla, mai sciatto, mai abbondante, mai a caso, mai preso al volo , come in questa esposizione.
Insomma piccoli o grandi oggetti che parlano di noi, della nostra personalità, del gusto, del modo di porsi, del modo cioè di essere curati, ma diversi, persone tipiche di una esclusiva inimitabile bellezza.
Bene. Mi piacerebbe pensare a un pizzico di mistero, una goccia di bricolage, uno sputo di colore che solo noi sappiamo inventare.
Vincente, a volte addirittura esaltante il risultato di un particolare, anche minimo, anche apparentemente piccolo, ma ben giocato.
Ed è questo il vero significato: il gioco, il jouer , giocato che poi è vissuto, partecipato, fatto proprio.
Quasi una filosofia, certo una soddisfazione, sicuramente una ricerca istintiva, antropologica , arcaica come muoversi o mangiare.
“La gioia entra nella nostra vita quando abbiamo qualcosa da fare, qualcosa da amare e qualcosa in cui sperare”. J. Addison
Vero. Visitate il museo, passerete una gioiosa giornata.