Oh, Issey!
Un duplice omaggio, con un libro e una mostra, al visionario stilista giapponese Issey Miyake, che negli anni ’80 ha “silenziosamente” rivoluzionato la moda in nome della libertà di movimento, ovvero della grazia del corpo al naturale, concependo volumi androgini, iconoclasti delle forme tradizionali, evocativi di origami di carta pieghettata. Ha ideato così un nuovo genere di prêt-à–porter, che attinge a materiali e forme consoni al design industriale, ottenuti con processi produttivi all’avanguardia: carta metallica pressata a caldo, plissè, fili sintetici attorcigliati, jersey rinforzato, carta imbevuta d’olio. “La mia aspirazione é quella di andare avanti, di rompere gli schemi” era il suo motto.
Nell’immaginario collettivo il nome di Miyake rimarrà associato alla collezione Pleats Please, abiti dal plissé permanente facili da mischiare e sovrapporre, che si mettono in valigia, si lavano in lavatrice e si asciugano in un attimo. Proprio a Pleats Please è dedicata un’affascinante monografia (“Lyrical life-wear – The ultimate Issey Miyake”) edita da Taschen, scritta da Kazuko Koike e curata da Midori Kitamura, Presidente del Miyake Design Studio e collaboratrice di Issey dal 1976. Qui, per la prima volta, il processo di creazione dei modelli è descritto per intero, dalla filatura del poliestere alla tessitura fino alla plissettatura che, diversamente dal solito, viene realizzata quando gli abiti sono finiti. Il testo ricostruisce, inoltre, le strategie di comunicazione del dirompente stilista, caratterizzate da un linguaggio istintivo e basico, poi il design essenziale delle boutique, le partnership artistiche che hanno trasformato alcune collezioni in autentiche tele da indossare (nei tessuti Miyake inserisce spesso disegni di ceramiche e porcellane donategli dall’amica austriaca Lucie Rie). Non a caso egli considera le sue creazioni come opere d’arte, non meri pezzi di abbigliamento o accessori (dalle borse ai calzini). Ad essi le persone devono poi conferire il loro “valore aggiunto”: “Con animo e modestia, io faccio solo metà dell’opera. La donna che indossa uno dei miei abiti o un mio profumo fa l’altra metà. Io lo faccio nascere, lei lo fa vivere. E’ un’unione indispensabile”.
Quello che affiora dal libro è il prodigio di una moda allo stesso tempo umana e tecnologica, poetica e pratica, che sa miscelare tradizione sartoriale e processi industriali, futurismo e funzionalità, Oriente e Occidente, attraverso l’uso del colore, degli spazi, delle pieghe. Lo stesso Miyake nella toccante prefazione scrive: “Pleats Please sono solo vestiti, e poco mi importa se la gente li riconosce come miei. Ho sempre pensato che gli abiti dovessero essere anonimi, perché il vero scopo è concedere libertà e gioia a chi li indossa”. Pochi sanno che erano suoi anche i dolcevita neri che Steve Jobs amava portare in ogni occasione.
Issey Miyake è nato a Hiroshima nel 1938 ed ha iniziato giovanissimo a lavorare come graphic designer, per poi fondare nel 1970 il Miyake Design Studio, fucina creativa dove viene realizzata la sua alta moda femminile. A questo è seguito il 21_21 Design Sight, tempio del design puro. Negli anni ’90 lo stilista ha affidato la direzione creativa delle collezioni uomo e donna al socio Naoki Takizawa, in modo da tornare a fare ricerca a tempo pieno e quando, nel 2007, Naoki ha fondato il suo brand, è stato sostenuto dal gruppo Miyake, venendo sostituito da Dai Fujiwara.
Per celebrare il grande stilista nipponico, geniale maestro del plissé, è anche stata ideata una mostra a Tokyo, presso il National Art Center (“The Work of Miyake Issey), dal 16 Marzo al 13 Giugno, con immagini di grande impatto, che delineano un ritratto esaustivo e intenso dell’uomo e del designer, che ama sentenziare: “Il design non è per la filosofia, è per la vita”.