Questi sì che son gioielli!
La prima couturière a credere nel binomio moda-gioielli, ovvero a concepire i preziosi come accessori femminili ideali per completare lo stile, fu la divina Coco Chanel che infatti creò una pioneristica collezione di ornamenti preziosi da giorno e da sera, intercambiabili con la bigiotteria, affidando al duca siciliano Fulco di Verdura il compito di disegnarla. “Quali sono le donne che indossano meglio i gioielli?” fu chiesto un giorno all’aristocratico designer, cugino dell’autore del “Gattopardo” Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Ed egli rispose: “Le donne alte e brune. Le altre fanno del loro meglio”.
In omaggio a Fulco di Verdura (Palermo 1898 – Londra 1978) si svolge a New York sino alla vigilia di Natale la più grande retrospettiva mai dedicatagli, dal titolo “The Power of Style: Verdura at 75”, ideata in occasione del 75° anniversario della sua boutique sulla prestigiosa Fifth Avenue (la rassegna è ospitata in una galleria adiacente al flagship store della maison). La mostra ripercorre la produzione del jewelry designer attraverso i suoi capolavori e non solo – oltre 150 gioielli, schizzi, 10mila gouaches, quadri e fotografie dal suo album privato – mettendone in rilievo la raffinatezza stilistica suprema.
Personaggio eclettico e influente, definito un “artista del gioiello”, Verdura collaborò, oltre che con la citata Coco Chanel, anche con la regina dei cosmetici Helena Rubinstein e la sofisticata Diana Vreeland, la più autorevole firma di Harper’s Bazaar e Vogue, e strinse solidi rapport di amicizia con artisti come Dalì e musicisti del calibro di Cole Porter. Tra le sue più affezionate clienti vi furono non solo le dive dell’epoca d’oro di Hollywood (Katherine Hepburn, Lana Turner, Lauren Bacall, Gene Tierney), ma anche i più bei nomi dell’aristocrazia planetaria come i principi Ruspoli, la duchessa di Windsor e la principessa Diana. E poi magnati dell’industria e della finanza come gli Agnelli, gli Astor, i Wanderbildt, i Rotschild. Verdura lavorò anche con Luchino Visconti per le scenografie del film tratto dal “Gattopardo”.
Per le sue creazioni preziose si ispirò spesso alle opere dell’arte barocca siciliana, alle tele del Tiepolo,alla vita fastosa della sua infanzia a Palermo, nonché al mondo marino. In effetti tra i suoi gioielli più famosi vi fu “il turbante Verdura”, composto da una conchiglia naturale tempestata di peridoti e turchesi. Celeberrimi furono anche i bracciali realizzati per Coco Chanel a cui si avvicinò negli anni Trenta ottenendo fama internazionale: si pensi agli impressionanti bracciali rigidi ricoperti di smalto bianco con croce di Malta in pietre di colore applicate sulla superficie. Dopo la guerra l’intraprendente designer si mise in proprio fondando l’omonimo brand di pezzi unici e aprendo a New York il negozio sulla Fifth Avenue che appunto quest’anno compie tre quarti di secolo.
Fulco Santostefano di Murata la Cerda duca di Verdura ebbe dunque una vita da fiaba, ma si dimostrò sempre distaccato dalle cose materiali: alla morte del padre, con il denaro ereditato organizzò un ballo memorabile a Palazzo Verdura, ricordato come uno tra i più sfarzosi dell’epoca, a cui fu invitato il Gotha dell’aristocrazia europea, fra cui la mondanissima Elsa Maxwell, giornalista e scrittrice. Partito dalla Sicilia per approdare prima a Venezia, poi in Francia e in America, riscuotendo ovunque un successo eccezionale, morì 80enne a Londra, dopo aver scritto un libro di memorie dal titolo “Estati felici”. Nell’ultimo periodo della vita si dedicò anche alla pittura. Non si sposò mai, non ebbe figli e con lui si estinse la sua nobile casata, ma non il suo mitico marchio.